Negli ultimi 50 anni la popolazione mondiale è raddoppiata e il consumo di calorie è cresciuto del 30 per cento. Per far fronte all’aumento della domanda di prodotti alimentari la produzione agricola è dovuta crescere del 130 per cento per ettaro; un ottimo risultato, viene spontaneo pensare, peccato che sia stato raggiunto tagliando intere foreste, usando fertilizzanti chimici, pesticidi e sementi geneticamente modifcate.
Questa politica sta stravolgendo il sistema ecologico mondiale e le prime vittime sono le colonie di api, da alcuni anni letteralmente decimate da epidemie mortali prodotte dai pesticidi e dalla scomparsa del loro habitat naturale. Dal 2006 nel Regno Unito si sono estinte tre specie di calabroni e sei specie sono state inserite nella lista di quelle a rischio di estinzione. In Europa e negli Stati Uniti quattro sono le specie già scomparse. Pochi sanno che gli insetti, e le api in particolare, impollinano il 75 per cento della produzione agricola mondiale, un lavoro che tradotto in termini economici equivale a 14,6 miliardi di dollari l’anno negli Usa, 440 milioni nel Regno Unito, e così via, un business multimiliardario che la natura ci regala perché ne siamo parte, anche se non ne siamo coscienti. Senza le api la nostra dieta si ridurrebbe a quei prodotti agricoli che vengono impollinati con il vento: grano, granturco, orzo e poco più. Per avere un’idea di cosa ci aspetta se non salviamo gli insetti, basta andare nel sud della Cina, dove l’abuso di pesticidi e l’eccessiva urbanizzazione hanno distrutto tutte le colonie di api. Qui i contadini impollinano gli alberi di mele e pere a mano, usando dei pennelli, per raggiungere la cima di quelli più alti usano i bambini: pesano meno e sono più agili dei genitori.
Loretta Napoleoni – Il Venerdi di Repubblica – 28 ottobre 2013