Quattro classi di priorità
Anche lo stop alla libera professione medica non è del tutto inedito, ma fino ad oggi era previsto solo nel caso dentro gli ospedali il volume dell’attività privata superasse il numero di prestazioni nel pubblico. Ora invece il nuovo Piano prevede che anche «in caso di sforamento dei tempi di attesa massimi si attua il blocco dell’attività libero professionale».
I tempi massimi fissati dalla Grillo per le prestazioni ambulatoriali sono suddivisi in quattro classi di priorità: urgente entro 72 ore, breve entro 10 giorni, differibile entro 60 giorni per le analisi e 30 per le visite, programmata entro 120 giorni.
Limiti vengono fissati anche per i ricoveri programmati. I casi più gravi dovranno ottenere un letto entro 30 giorni, i «casi clinici complessi» entro 60 giorni, i casi meno complessi nell’arco di 120 giorni. Ovviamente per le vere urgenze si passa per il Pronto soccorso, che deve in poche ore provvedere al ricovero. E fin qui poco di nuovo. Ma mentre il vecchio piano si limitava poi a fissare dei tempi massimi solo per 52 prestazioni, oggi la pila di allegati lo fa per tutte. Così ad esempio si dice che un ecocolordoppler cardiaco va fatto entro 60 giorni in casi di soffio al cuore asintomatico, ma in sole 72 ore se il paziente i sintomi li accusa eccome. E sempre per capire il livello di dettaglio a un bambino con massa del collo fissa, che potrebbe essere sintomo di meningite, l’ecografia va effettuata non oltre le 72 ore.
Il nodo dei macchinari
Per rispettare questi tempi il piano obbliga tutti i medici che lavorano nel pubblico a indicare il codice di priorità nelle prescrizioni, i Cup a gestire in esclusiva le agende di prenotazione, comprese quelle dei privati accreditati. Questo per evitare che in alcune strutture qualcuno non rispetti l’ordine di attesa. Basta anche con i continui rimbalzi tra medici specialisti e di famiglia. Una volta che la Asl prende in carico il paziente i successivi controlli dovranno essere direttamente prenotati dallo specialista tramite apposite agende dedicate al monitoraggio dei pazienti cronici.
Il piano dice anche che per abbattere le liste di attesa i macchinari diagnostici debbano lavorare «all’80% delle loro potenzialità». Mica facile in un Paese dove secondo i dati di Assobiomedica più della metà di Tac, risonanze e apparecchiature varie è obsoleta e dove i contratti di manutenzione si fanno col contagocce per lungaggini burocratiche e carenza di risorse.
“Un regalo alle cliniche La svolta solo assumendo”
Il blocco dell’attività libero professionale se si superano i tempi massimi di attesa non piace ai medici e Carlo Palermo, segretario del sindacato dei camici bianchi ospedalieri Anaao spiega perché.
Alcuni medici non potrebbero avere interesse a mantenere le liste d’attesa per convogliare pazienti nel privato?
«I colleghi che agiscono così sono veramente pochi e le aziende sanitarie pubbliche ci metterebbero poco a scoprirli: basta controllare i singoli piani di lavoro. È vero invece che se impediamo l’attività libero professionale dentro gli ospedali avremo come effetto solo quello di far aumentare le liste perché mancherà anche un’alternativa. Così fanno un regalo al privato dove dovranno rivolgersi i pazienti. E poi si colpiscono le donne che in larga maggioranza il proprio ginecologo vogliono sceglierselo».
Ma se si scopre che qualcuno fa il furbo?
«In quel caso l’attività libero professionale va sospesa. Ma dopo aver dimostrato che la si fa a danno dell’attività ambulatoriale pubblica. Addossare così la responsabilità ai medici significa voler nascondere i veri problemi che allungano le liste».
E quali sono?
«Che mancano medici e infermieri, che le attrezzature si rompono ogni due secondi. Non abbiamo più anestesisti per far funzionare le sale operatorie, siamo del 10-15% sotto organico e in queste condizioni le prime attività a saltare sono quelle ambulatoriali. Oppure si finisce per non fare gli interventi chirurgici meno complessi, come un’ernia o una colecisti perché altrimenti mancano poi i medici per operare tumori e cuori malati. Noi ospedalieri abbiamo accumulato qualcosa come 15 milioni di ore di straordinario non retribuite. Mandiamo avanti il sistema e ci si vuole buttare la croce addosso aumentando la conflittualità già alta con i cittadini».
Cosa ne pensa del trucco di chiudere le liste di attesa?
«Che è una cosa vietata per legge ma a fine anno diverse aziende sanitarie pubbliche e private accreditate lo fanno per spendere meno e stare in budget sempre più risicati. In sanità bisogna tornare ad assumere e ad investire. Non scrivere libri dei sogni».pa.ru.
La Stampa