Il Sole 24 Ore, Barbara Fiammeri. Nessuno a oggi è in grado di prevedere se e quanto le misure contenute nel nuovo Dpcm saranno utili/sufficienti a rallentare in modo significativo la curva dei contagi, allentando di conseguenza la pressione già forte sul sistema ospedaliero. Walter Ricciardi, consigliere del ministro della Salute Speranza, ieri, nel giorno di entrata in vigore del Dpcm conferma il suo scetticismo e già parla di necessità di «un altro lockdown». La paura è per quello che accadrà nelle prossime settimane: già a metà novembre, senza interventi efficaci, potremmo arrivare a sfiorare 1 milione di contagi, con oltre 60mila ricoverati di cui 5.700 in terapia intensiva e 600 decessi giornalieri.
Ci sono però alcune evidenze. A partire dall’impennata della crescita nella prima settimana di ottobre (si veda la tabella), due settimane dopo la riapertura delle scuole. «Ma non va confuso il contagio degli studenti con il luogo in cui è avvenuto», evidenzia Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe, secondo cui quell’impennata «è una associazione temporale senza dimostrazione di casualità». La pensa così anche Alessia Melegaro, docente di demografia e statistica sociale e responsabile del Covid crisis lab della Bocconi.«Non c’è un evento specifico a cui possiamo attribuire la forte crescita dei contagi di ottobre», sottolinea ricordando che a settembre non sono ricominciate solo le scuole. «Il rientro dalle vacanze, il ritorno al lavoro e naturalmente anche a scuola con la ripresa delle attività pomeridiane hanno sollecitato i principali fattori di contagio: l’interazione sociale e la mobilità. Se vogliamo quindi rallentare la curva è su questi che bisogna intervenire». In caso contrario la moltiplicazione dei contagi andrà inesorabilmente avanti