Viaggio nell’Antropocene. Nel libro «L’anno dell’influenza animale» la scrittrice australiana Laura J. McKay immagina una pandemia. Che diventa l’occasione per rimettere in discussione i vecchi equilibri e prospettare una comunicazione possibile
Narrativa ibrida, zooantropia, un nuovo virus dell’influenza, la Natura selvaggia che si risveglia. L’autrice australiana tratteggia il sud degli Stati Uniti come un Eden in collisione, Jean e la nipotina Kimberly incarnano la metafora degli spazi tra i regni, un rinnovato equilibrio tra uomo-natura: «L’incipit di Animals in That Country è “I can see the wild in her”. Durante le ricerche per il romanzo, sono andata a vivere in un parco naturale nel nord dell’Australia», ricorda l’autrice: «Lì c’era un dingo in cattività che i ranger portavano a spasso al guinzaglio. I dingo sono bellissimi: color caramello e con profondi occhi marroni. Ma quando ho provato ad accarezzare il cane, uno dei ranger mi ha avvertito: “Sembra un cane, ma sarà sempre selvatico”. Mi piace l’idea della natura selvaggia come qualcosa che gli esseri umani non potranno mai catturare o contenere. E che non riusciremo mai a comprendere davvero perché va contro il nostro bisogno di categorizzare, riprogettare e distruggere».
Per anni abbiamo pensato di essere al di fuori della Natura, invece dice McKay: «Nasciamo, viviamo e moriamo; proviamo dolore, desideri e bisogni come ogni altro animale. Siamo grandi scimmie. Aristotele sosteneva che gli esseri umani sono animali razionali e che questo, insieme all’uso del linguaggio, ci rendeva unici. Temo che l’unico modo in cui siamo unici sia la nostra incessante spinta al consumo, soprattutto nelle società capitalistiche. Ed è questo e la volontà di divorare tutto, compresi noi stessi, che ci distingue dagli altri animali più della razionalità o delle capacità linguistiche».
Il tempo e i dialoghi degli animali nel romanzo vengono forniti attraverso una mutazione stilistica, che è uno slittamento semantico, piano piano scivoliamo nella mente dell’altro, in questo caso nella mente di una dingo, o di un canguro: «Uno dei grandi privilegi di condividere il pianeta con altre specie è che siamo in grado di interagire in modo diverso», conferma la scrittrice: «Non c’è esperienza come quella di fare una passeggiata in una foresta, o una nuotata in un lago o nell’oceano, e incontrare un’altra creatura o una pianta. Ricordo di aver nuotato sott’acqua in un’insenatura e di aver visto una bellissima roccia grigia, per poi rendermi conto che la roccia mi stava fissando: era un’enorme razza, che mi osservava con teneri occhi marroni, ma in possesso di una coda molto pericolosa!». Possiamo poi fissare altri animali e alberi, o anche alghe – continua LJ McKay – in un modo che non possiamo fare con altre persone. È ciò che chiamiamo il mondo “più che umano”, che presiede al linguaggio intraspecifico (interspecie) tra uomo-animale: «Durante le mie ricerche nel Territorio del Nord dell’Australia, ho visitato i termitai magnetici. Si tratta di formicai giganti a forma di lapidi, allineati come in un cimitero. Ma pullulano di vita. Ogni termitaio può contenere un milione di esemplari, che vivono la loro vita in strutture costruite per resistere alle inondazioni e agli incendi e per sfruttare al meglio il sole», e continua: «È stato così emozionante rendersi conto che la maggior parte degli animali non si preoccupa di noi, a meno che non abbiamo un impatto diretto su di loro», la loro distruzione: «Questo decentramento dal punto di vista umano ha influenzato il modo in cui ho descritto gli animali, soprattutto per quanto riguarda la comunicazione con gli altri. Anche se il romanzo è narrato da Jean – una donna umana – le persone non sono l’unico centro della storia».
Quando infatti nel libro gli umani iniziano a comunicare con gli animali, «diventa chiaro che essi sperimentano la vita in modi che noi possiamo a malapena comprendere: percepiscono attraverso l’odore, il sonar, il volo! È il bellissimo termine tedesco umwelt (“ambiente”), usato da Jakob von Uexkull per spiegare il “mondo vitale percettivo di un animale”».
È il potere dell’immaginazione che in «L’anno dell’influenza» animale assume forme diverse: «Gli insetti COMUNICANO IN MAIUSCOLO. Gli uccelli usano il corsivo. Il dingo si esprime (tra parentesi)». Essere, nella Natura e nel presente. Chissà che serva, davvero, sviluppare una qualche zooflu collettiva per comprendere quale il nostro spazio di co-abitazione sulla Terra.