Grazie a una serie di indagini epidemiologiche e di laboratorio, un team di ricerca internazionale guidato da scienziati dell’Istituto Pasteur del Madagascar ha indentificato un nuovo ceppo del batterio Yersinia pestis (responsabile della peste) resistente agli antimicrobici e in grado di trasmettersi da uomo e uomo.
Nel 2013 nel distretto di Faratsiho in Madagascar scoppiò un’epidemia di peste polmonare con 22 casi di contagio accertati, dei quali tre ebbero esito mortale. Analizzando in laboratorio il batterio responsabile, lo Yersinia pestis che da secoli provoca una delle malattie più temute dall’uomo, è stato oggi scoperto che a provocare quell’epidemia nello Stato insulare africano fu un nuovo ceppo, caratterizzato da una mutazione in grado di renderlo resistente agli antimicrobici. Attraverso ulteriori indagini è stato determinato che quel lignaggio dello Yersinia pestis, oltre a resistere alla streptomicina – il farmaco d’elezione per combattere la peste in Madagascar -, era in grado di essere trasmesso da uomo a uomo. È la prima volta che si determina con certezza che un ceppo mutato di peste resistente agli antimicrobici (AMR) è in grado di diffondersi tra una persona e l’altra, attraverso le goccioline respiratorie come il coronavirus SARS-CoV-2 responsabile della pandemia di COVID-19.
La mutazione puntiforme responsabile della resistenza è stata identificata nel gene della proteina ribosomiale 30S S12 (rpsL), ma non è la prima volta che viene scoperta. La stessa modifica genetica, infatti, era emersa spontaneamente in altri due ceppi dello Yersinia pestis; il primo fu identificato in un altro caso fatale di peste registrato nel 1987, sempre in Madagascar (il Paese dove oggi si registrano più casi di peste in assoluto), mentre il secondo in un paziente cinese nel 1996, anch’egli deceduto. La differenza principale di questi casi con l’epidemia del 2013, risiede nel fatto che per la prima volta è stata dimostrata la trasmissione tra uomo a uomo di una forma mutata e resistente dello Yersinia pestis.
Secondo gli autori dello studio, i contagi si diffusero nelle famiglie dei tre pazienti deceduti a causa del trattamento tradizionale destinato ai cadaveri, che ha esposto diverse persone all’infezione. Fortunatamente, pur essendo il ceppo resistente alla streptomicina, il trattamento combinato con il cotrimossazolo risultò efficace in tutte e 19 le persone entrate in contatto con i deceduti e risultate positive. Sebbene infatti il semplice nome “peste” rievoca epidemie storiche mortali, come la “Peste Nera” che nel Medioevo provocò decine di milioni di morti, grazie ai farmaci la stragrande maggioranza dei nuovi casi è ben curabile. Tuttavia, il fatto che alcuni ceppi evolutisi indipendentemente dimostrano una resistenza agli antimicrobici rappresenta un rischio da non sottovalutare, soprattutto dopo la dimostrazione del contagio tra uomo e uomo. Basti pensare che nel 2017 si registrò il caso eccezionale di un 16enne del Madagascar contagiato da un ceppo di Yersinia pestis che risultò resistente a ben otto farmaci.
Si viene contagiati dalla peste attraverso il morso di pulci portatrici del patogeno o entrando in contatto con animali infetti, in particolar modo roditori. La malattia si presenta in tre forme, ovvero bubbonica, polmonare e setticemica; la prima è la più comune ed è causata tipicamente dal morso delle pulci. Se non trattata può evolvere nella forma polmonare più letale, che si trasmette tra uomo e uomo come verificatosi nell’epidemia del 2013 in Madagascar. I dettagli della ricerca “Transmission of Antimicrobial Resistant Yersinia pestis During a Pneumonic Plague Outbreak” sono stati pubblicati sulla rivista scientifica Clinical Infectious Diseases.
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