Non c’è pace per la Protezione civile del Veneto. Il mondo dei volontari giallo fluo, già sconquassato dalla guerra intestina che ha costretto il governatore Luca Zaia a togliere le deleghe al segretario generale Mariano Carraro per affidarle al suo braccio destro Fabio Gazzabin, si vede alle prese con un’empasse decisionale ed un caos organizzativo che alimenta polemiche anche nei giorni del terremoto in Emilia.
Un braccio di ferro, quello tra «la base» e i vertici dell’organizzazione, che si leva dalle tende da campo e dalle jeep infangate per arrivare fin ai piani alti del Palazzo, con uno scontro istituzionale tra la Provincia di Vicenza e la Regione, chiamate a collaborare per l’invio dei volontari nelle zone colpite. Il dirigente del Servizio di protezione civile della Provincia, Graziano Salvadore, ha infatti inviato martedì a tutte le ottanta sezioni beriche una circolare che ripercorrendo gli ordini ricevuti dalla Sala Operativa regionale, dalla richiesta di elettricisti ed idraulici alla contestuale sospensione di tutte le altre disponibilità di volontari e materiali, lamenta tra le righe una confusione della quale la Provincia non sembra volersi assumere la responsabilità, preferendo chiamarsi fuori.
«Preso atto delle modalità di gestione delle colonne mobili attuate dalla Regione – si legge nella circolare arrivata ieri anche a Palazzo Balbi – lo scrivente Servizio, messo in queste condizioni, non intende più coordinare alcuna colonna mobile provinciale, limitandosi a trasmettere alla Sala Operativa della Regione le eventuali disponibilità di uomini e attrezzature». Seguono ringraziamenti e la precisazione che «nello spirito di servizio verso le popolazioni colpite (…) si continuerà ad aggiornare e trasmettere presso la Sala Operativa tutte le eventuali disponibilità di intervento». Un episodio che coinvolge una delle provincie più importanti, per quantità e qualità dei volontari, di tutta la regione ma dà sfogo ad un malumore che sembra diffuso un po’ ovunque, da Verona a Venezia e Belluno. A sentire i volontari, proprio il caos organizzativo sarebbe all’origine del fatto che mentre altre Regioni, dal Trentino al Friuli passando per l’Umbria e le Marche, erano operative sui luoghi del terremoto già domenica, «il Veneto è arrivato a San Felice sul Panaro e a Finale Emilia solo martedì sera e pure dopo qualche insistenza, visto che inizialmente il nostro aiuto era stato rifiutato ».
E anche qui, c’è un piccolo giallo. Gira infatti voce, che all’origine del «gran rifiuto» emiliano, una cosa inammissibile per un corpo abituato a stare in prima linea come quello veneto, vi sia proprio l’eco delle difficoltà vissute dal corpo, arrivata a superare i confini regionali. Ma l’assessore di reparto, Daniele Stival, smentisce categoricamente: «I primi a partire, domenica, sono stati 80 alpini, attivati direttamente dall’Ana, è vero, ma con attrezzature messe a disposizione dalla Regione. I nostri volontari sono partiti due giorni più tardi, dopo che l’Emilia ci aveva già allertati sulla necessità di allestire un campo con 250 posti letto, solo perché siamo rimasti in attesa di sapere dove questo si sarebbe dovuto montare. Senza contare che la partenza è stata ritardata anche dalla forte pioggia che si è abbattuta sui luoghi colpiti. Capisco che i volontari scalpitino, e spiace dire no di fronte a tanta generosità, ma è pur vero che dove, cosa e come fare non lo decide il Veneto ma l’Emilia, d’intesa con il dipartimento nazionale di protezione civile».
Il Corriere del Veneto – 24 maggio 2012