Il Sole 24 Ore. L’evoluzione delle tecnologie e delle modalità di produzione dei beni o di erogazione di servizi comportano la necessità di aggiornamenti del personale in forza nelle aziende nonché, a volte, di effettuare un turn-over, immettendo lavoratori con professionalità specifiche in sostituzione di altri che lasciano l’impresa. Se i dipendenti in uscita hanno anzianità anagrafica o contributiva consistenti, una delle modalità per gestire la transizione può essere quella di accompagnarli alla pensione.
Gli strumenti per le aziende
Nel 2022 gli strumenti direttamente attivabili dal datore di lavoro a questo scopo sono tre: l’isopensione, il contratto di espansione e l’assegno straordinario dei fondi di solidarietà bilaterale. Si tratta di soluzioni disponibili da qualche anno, che nel corso del tempo sono state modificate. L’intervento più recente è contenuto nella legge di Bilancio 2022 e riguarda il contratto di espansione che, quest’anno e il prossimo, è utilizzabile da aziende con almeno cinquanta addetti, mentre fino all’anno scorso la soglia minima era di cento.
Seppur con caratteristiche differenti (si veda la scheda sopra) questi tre scivoli sono accomunati dal fatto che l’onere dell’operazione grava sul datore di lavoro. Quindi l’azienda, che ritiene opportuno accompagnare al pensionamento i dipendenti più anziani, lo fa a sue spese, riconoscendo ai lavoratori un assegno mensile.
Le pensioni anticipate
Questi strumenti portano verso la pensione di vecchiaia o quella di anzianità. Ma i singoli lavoratori, indipendentemente dalle decisioni del datore, possono accedere a una delle forme di pensionamento anticipato. Tra le principali: quota 102, opzione donna, precoci, usuranti. L’azienda, però, può favorire l’uscita con incentivi, utilizzabili dagli interessati magari per raggiungere i requisiti contributivi necessari al pensionamento oppure a compensazione di una pensione di importo più basso rispetto a quella che si raggiungerebbe continuando a lavorare. Altra operazione utile è il supporto ai dipendenti nella verifica della maturazione di condizioni specifiche, come quelle richieste ai precoci e agli addetti alle attività usuranti, relative alle annualità minime in cui tali attività sono state svolte, al fine di accedere al pensionamento anticipato.
Peraltro non va sottovalutato il fatto che la pensione anticipata “standard” raggiungibile con 42 anni e 10 mesi di contributi (41 anni e 10 le donne), permette uscite dal mondo del lavoro a età relativamente basse. Ipotizzando che un lavoratore o una lavoratrice abbiano iniziato a versare contributi all’età di 20 anni e non abbiano mai smesso, possono accedere al pensionamento anticipato a 62-63 anni, considerando la finestra di tre mesi. Prima di quanto consentito dall’attuale quota 102.
Età effettive di pensionamento
Altre forme di pensionamento anticipato riducono ulteriormente l’età di uscita dal mondo del lavoro. A questo riguardo sono utili i dati sui flussi di pensionamento elaborati dall’Inps. Nel 2021, nel fondo pensione lavoratori dipendenti, si sono registrate 81.787 nuove pensioni di vecchiaia e 125.888 pensioni anticipate.
Tra le prime Inps conteggia anche i prepensionamenti. Nonostante ciò, l’età media dei pensionati alla decorrenza del trattamento è stata di 67 anni, cioè pari al requisito anagrafico per accedere alla pensione di vecchiaia.
L’età media di chi ha avuto accesso alle pensioni anticipate, invece, è stata di 61,3 anni. Nel dettaglio, 39.485 persone sono andate in pensione tra i 55 e i 59 anni e 78.563 tra i 60 e i 64 anni. Nella categoria “pensioni anticipate” rientra quella “standard”, nonché canali sperimentali o specifici: quota 100, opzione donna, precoci, usuranti.
Accedere alla pensione a un’età inferiore non significa, però, aver lavorato di meno. Anzi, potrebbe avvenire il contrario, perché per la pensione di vecchiaia sono necessari “solo” 20 anni di contributi. Per le principali uscite anticipate il requisito oscilla tra 35 e quasi 43 anni.
La gestione delle uscite può prevedere quindi il ricorso contemporaneo a uno degli scivoli attivabili dall’azienda e l’individuazione dei dipendenti con requisiti per pensionamenti anticipati.
Ape e fondo per Pmi
L’ulteriore opzione è costituita dall’Ape sociale, scivolo a carico dello Stato, riservato a quattro grandi categorie di persone con almeno 63 anni di età. Escludendo i disoccupati (perché in quanto tali non si trovano in azienda), può interessare i dipendenti con invalidità almeno al 74%, quelli che si prendono cura di un familiare con handicap grave, quelli che svolgono una delle 23 mansioni ritenute gravose. Anche in questo caso l’azienda può affiancare i dipendenti nella verifica dei requisiti.
Infine per quest’anno e il prossimo le piccole e medie aziende dovrebbero poter contare su altre modalità, che però al momento non sono state definite. L’articolo 1, comma 89, della legge di bilancio 2022, ha istituito un fondo del valore di 150 milioni per il 2022 e di 200 milioni sia per il 2023 che per il 2024 al fine di «favorire l’uscita anticipata dal lavoro, su base convenzionale, dei lavoratori dipendenti di piccole e medie imprese in crisi, che abbiano raggiunto un’età anagrafica di almeno 62 anni».
Come si concretizzerà questa uscita anticipata “su base convenzionale” (quindi in teoria usando i canali già disponibili) al momento non è dato sapere perché non ci sono documenti al riguardo. Il mistero dovrebbe essere svelato a breve, dato che entro inizio marzo un decreto dei ministeri dell’Economia, del Lavoro e dello Sviluppo economico dovrebbe indicare come accedere ai 550 milioni disponibili. Il condizionale è d’obbligo, perché la lista di decreti pubblicati in ritardo, o mai, è lunga.