Alla vigilia dei primi due dei 29 giorni di sciopero indetti dai medici di famiglia tra il 19 settembre e il 18 maggio 2018, le Usl partono al contrattacco e minacciano l’annullamento della convenzione. I direttori generali hanno inviato agli interessati una circolare nella quale contestano l’illegittimità della prima parte della protesta indetta da Fimmg, Snami, Smi e Intesa Sindacale — le sigle di categoria per la prima volta unite in rappresentanza di 3.200 camici bianchi veneti —, che prevede per i prossimi 19, 20, 26 e 27 settembre e 10, 11 e 12 ottobre la cessazione dell’invio delle ricette telematiche. Seguita, a partire da 8 e 9 novembre, dalla chiusura degli ambulatori. Nella lettera scritta dal dg dell’Usl 6 Euganea, Domenico Scibetta, si legge: «L’azienda non intende contestare il legittimo esercizio del diritto allo sciopero. Qui preme però segnalare come non tutte le forme di mobilitazione sindacale possano considerarsi legittimo esercizio del diritto di sciopero e anzi siano da considerare rifiuto di un corretto adempimento delle obbligazioni in capo al medico per effetto del vincolo contrattuale. Non si può dubitare che la ricetta dematerializzata costituisca parte dell’attività richiesta al medico nell’ambito della convenzione e derivi da specifici obblighi di legge. L’eventuale astensione da detta attività — incalza Scibetta — è da considerare inadempimento degli obblighi contrattuali da parte del singolo professionista, come tale rilevante dal punto di vista contrattuale. In particolare, il medico aderente a forme illegittime di sciopero si rende responsabile sotto il profilo disciplinare, con possibile deferimento al collegio arbitrale. Il suo inadempimento contrattuale avrà conseguenze anche sul piano risarcitorio, potendogli essere chiesto di risarcire l’intero danno subìto dall’azienda e, nei casi più gravi, potendo comportare la risoluzione della convenzione».
Immediata la reazione dei sindacati, che ieri hanno consultato i loro legali e hanno risposto ai dg in forma scritta. «La forma di mobilitazione sindacale individuata costituisce legittimo diritto di sciopero costituzionalmente garantito — si legge — e le modalità di attuazione sono pienamente rispettose della normativa. Durante le giornate di astensione dal lavoro saranno garantite le prestazioni indispensabili di assistenza primaria». «Abbiamo scelto di cominciare con l’unica forma di protesta che non crea disagi all’utenza — chiarisce Domenico Crisarà, segretario padovano e regionale della Fimmg — erogheremo comunque le prescrizioni utilizzando la ricetta rossa. Il danno non sarà assistenziale ma burocratico e non interesserà i pazienti ma le Usl. Se però la Regione vuole ingaggiare una battaglia legale, mostreremo i muscoli anche noi, iniziando la mobilitazione direttamente con la chiusura degli ambulatori». «È un chiaro attacco al diritto di sciopero da parte della Regione — aggiunge Liliana Lora, segretario regionale dello Smi — una grottesca manovra con la quale vuole costringerci a bloccare i servizi sanitari sul territorio. Una grave responsabilità per il governo di Palazzo Balbi». Fallito, in luglio, il tentativo di conciliazione davanti al prefetto di Venezia, Carlo Boffi, per l’assenza proprio della Regione, i medici di famiglia hanno deciso di indire lo sciopero per quattro motivi. Ovvero: il blocco delle Medicine di gruppo integrate (gli ambulatori h12 o h24: ne sono stati attivati 55 su 86) e del fascicolo sanitario elettronico; il mancato rinnovo del contratto di lavoro nelle case di riposo, fermo al 2000, e relativo aggiornamento del monte ore; l’affidamento al privato convenzionato degli ospedali di comunità. La Guardia medica incrocerà le braccia dalle 20 alle 8.
Michela Nicolussi Moro – Il Corriere del Veneto – 8 settembre 2017