Lo avevano annunciato dopo la bocciatura della mozione presentata il 3 ottobre dal Pd in Consiglio regionale per impegnare la giunta Zaia ad accogliere le richieste della categoria e sono stati di parola. I medici di famiglia triplicano le giornate dello sciopero indetto lo scorso 19 settembre, passando da 26 a 81, spalmate dunque non più fino a maggio ma fino a dicembre 2018. E non è tutto: va in archivio l’esordio «soft» con il blocco della ricetta telematica e scatta, dai prossimi 8 e 9 novembre, la chiusura degli ambulatori per quattro giorni a settimana. «Dalla prima fase, denominata struchemo el botòn , passiamo alla seconda, saremo el portòn — spiega Domenico Crisarà, segretario regionale della Fimmg, in prima linea con Snami, Smi e Intesa sindacale —. Accoglieremo i pazienti solo il lunedì, per il resto della settimana dovranno andare al Pronto soccorso, noi garantiremo le prestazioni previste dalla legge in caso di mobilitazione, cioè l’assistenza domiciliare e le cure urgenti a malati cronici e terminali. D’altronde le Usl, diffidandoci dal blocco delle ricette telematiche con la minaccia di sanzioni e addirittura della risoluzione della convenzione, non ci hanno lasciato alternative».
Il perno della contestazione, la più clamorosa che si ricordi, è la mancata applicazione del Piano sociosanitario. Ovvero lo stop alle Medicine di gruppo integrate, cioè gli ambulatori h12 o h24 (solo 55 su 86 attivati secondo i camici bianchi; 70 su 86 per la Regione), la parziale conversione dei 1212 letti ospedalieri chiusi nel 2014 nei previsti 3038 territoriali (ne mancano ancora 1263) all’interno di ospedali di comunità, Unità riabilitative e hospice per malati terminali; la non erogazione delle cure palliative h24; il freno a mano tirato su Fascicolo sanitario e ricetta elettronici. «L’ospedale più grande del Veneto sono le case delle 40mila famiglia costrette a seguire pazienti cronici, non autosufficienti o terminali che non trovano risposta sul territorio — precisa Crisarà —. Il carico dell’assistenza è interamente sulle loro spalle e sulle nostre, che dobbiamo tamponare le enormi falle del sistema come le dimissioni ospedaliere al venerdì sera, la carenza di infermieri e l’assenza di specialisti nelle cure a domicilio, l’inesistenza di posti di sollievo per soggetti non più acuti ma non in grado di tornare a casa. Ora è prevista l’attivazione di 830 posti letto negli ospedali di comunità, che diventeranno Lungodegenze con il medico presente solo un’ora al giorno. E dal 30esimo giorno i malati dovranno pagare il ricovero». L’assessore alla Sanità, Luca Coletto, ha convocato le quattro sigle il 24 ottobre, ma intanto la mobilitazione continua. «Andiamo all’incontro con la massima fiducia — chiude il segretario Fimmg — pronti a rivedere la protesta qualora le cose cambino. Ma non prima di veder attivato il Piano sociosanitario e riconosciuta la nostra dignità professionale».
Pieno riconoscimento al lavoro dei 3294 medici di famiglia del Veneto arriva dai pazienti (ogni dottore ne ha una media di 1297, che schizzano ad oltre 1500 per il 40% della categoria). Secondo un’indagine condotta dalla Cgia di Mestre, il 67% degli utenti è «soddisfatto» e il 25% «molto soddisfatto» del proprio dottore. L’80,6% ritiene positive le visite su appuntamento (da Coletto considerate invece inappropriate per le Medicine di gruppo integrate, che devono accogliere sempre i soggetti fragili, anziani e cronici), e l’81% definisce adeguati gli orari di ricevimento(tra 20 e 29 ore a settimana, completate da 84 telefonate, 15 e-mail e 22 sms a medico, che lavora 48 ore a settimana). Quanto ai tempi d’attesa, il dossier rivela che il 32% segnala meno di 15 minuti, il 18% tra 15 e 30, il 29% più di un’ora e il 20% fra 30 e 60 minuti. Il 69% dei veneti testimonia infine la disponibilità del proprio dottore a effettuare le visite a domicilio, per una media di 13 a settimana.
Una precisazione importante: allo sciopero non partecipano i pediatri di libera scelta, però solidali. «Sosteniamo l’impegnativa azione che i medici di famiglia sono stati costretti a intraprendere per arrivare a una migliore qualità delle cure ai cittadini — recita una nota ufficiale firmata da Franco Pisetta, coordinatore regionale Fimp —. Riteniamo inaccettabile l’azione ostruzionistica e vessatoria di Regione e Usl nei confronti delle legittime azioni sindacali attuate e auspichiamo un loro immediato ripensamento, anche in considerazione del disagio che tale incomprensibile, totale, chiusura causa ai cittadini. Siamo pronti a condividere con i medici convenzionati eventuali azioni di sostegno».
Michela Nicolussi Moro – Il Corriere del Veneto – 17 ottobre 2017