Se entro l’inizio di agosto la giunta Zaia non ripresenterà le schede territoriali indicando come e dove saranno attivati i previsti nuovi 1263 posti nelle strutture intermedie (dedicate ai pazienti dimessi dall’ospedale ma non in grado di tornare a casa, ai soggetti fragili come malati di Alzheimer, di sclerosi multipla e non autosufficienti, ai lungodegenti, alle persone bisognose di riabilitazione), il Pd organizzerà proteste di piazza in tutto il Veneto. L’ultimatum del vicepresidente Claudio Sinigaglia ha aperto la discussione in V commissione Sanità sulle schede ospedaliere e territoriali, strumento attuativo del Piano sociosanitario. «Legge che Palazzo Balbi ha tradito — scandisce Sinigaglia — le schede non segnalano come saranno riorganizzati i servizi extraospedalieri a livello locale».
Per ora si sa che i nuovi posti arriveranno dalla riconversione dei 1227 tagliati agli ospedali e si aggiungeranno agli attuali 1775, per un totale di 3038. C’è anche la distribuzione per Usl (la maggioranza, 144, va a Treviso, seguita da Padova con 115 e Mirano con 111, mentre a Venezia resta a zero e Feltre ne conta solo 7), non per complessi. E’ poi stato stabilito il numero di «Aggregazioni funzionali territoriali» tra medici di famiglia (base per gli ambulatori h24) da realizzare: 99. «Non basta — incalza Sinigaglia — noi vogliamo sapere in quali poli saranno attivati i 1263 nuovi posti, altrimenti partiremo con una serie di manifestazioni, striscioni, dibattiti, finchè non avremo risposta». «Calma, serve prima il confronto tra Conferenze dei sindaci e direttori generali, già in corso — spiega l’assessore alla Sanità, Luca Coletto — sia chiaro: non costruiremo altri centri, aggiungeremo letti a quelli già esistenti, definiti ospedali di comunità. Il tempo di fare il giro di pareri in tutte le 21 Usl e di recepire dalle stesse il risultato e la giunta emanerà una circolare con i numeri da passare alla commissione». «Ma non potevano farlo prima, mentre preparavano Piano e schede? — chiude Sinigaglia — così abbiamo perso due anni».
L’altro nodo, sollevato anche dal presidente della commissione Leonardo Padrin (Pdl), è perchè le schede non vadano verso la riduzione delle Usl. «Perchè ci vuole una nuova legge, da far precedere da un accordo di maggioranza, che ancora non ne ha parlato — rivela Coletto —. Finora però questa legislatura non è stata con le mani in mano: ha approvato un nuovo Piano dopo 17 anni e relative schede dopo 11. Farà anche il passo successivo». Ma l’opposizione ha i suoi dubbi, poichè già la riforma della rete ospedaliera non la convince. «Vorrei capire il criterio del taglio di letti nel convenzionato e nel pubblico: non c’è proporzione (-17% nel pubblico, -0,05% nel privato rispetto al 2002, ndr)», rileva Piero Marchese (Pd). E mentre il collega di partito Stefano Fracasso si chiede dove si troveranno i soldi per convertire i posti ospedalieri in territoriali e se davvero si risparmierà, Antonino Pipitone (Idv) punta il dito sulla scomparsa di interi servizi. La discussione entrerà nel vivo i prossimi 4 e 12 luglio, con le audizioni di operatori della sanità, enti territoriali, associazioni, sindacati e categorie economiche.
Ieri intanto la V commissione ha deciso che per il 2013 restano invariati gli assegni di cura per i 46 mila tra anziani non autosufficienti, disabili fisici e psichici in assistenza domiciliare. La spesa totale è di 111,5 milioni, 94 dei quali attinti dal fondo sanitario e 17 da quello per la non autosufficienza. Dal 2014 invece entrerà in vigore la «riforma Sernagiotto», che trasforma questi contributi da «Extra Lea», ovvero prestazioni fornite dal Palazzo Balbi con soldi propri solo ai residenti e quindi a rischio cancellazione causa tagli, a «impegnative di cura» a carico del bilancio sanitario, erogate ogni mese e non più due volte l’anno. Vengono accorpati in un’unica formula gli assegni di cura, quelli per le badanti e per l’Adi (assistenza domiciliare integrata), i contributi per Alzheimer, demenze e progetti di vita indipendente. Le impegnative di cura saranno di cinque tipi: 120 euro al mese per gli assegni badante; 100 euro per l’Adi; 400 per le demenze; 800 per servizi di aiuto personale alla vita indipendente di disabili gravi; e poi il sostegno ai malati di Sla e ai pazienti tenuti in vita da apparecchiature elettromedicali. Rispetto alla proposta Sernagiotto la commissione ha eliminato il tetto di 800 euro all’assegno mensile, stabilendo che il budget dedicato di 7 milioni per 560 persone resti invariato. Delle impegnative potranno beneficiare non autosufficienti con reddito Isee familiare fino a 16.631 euro, elevato a 60 mila per malati di Sla, stati vegetativi e disabili gravissimi. La riforma, che non convince le associazioni dei disabili per «l’insufficienza delle risorse stanziate, la rigidità delle cinque tipologie e l’iniquità del meccanismo della graduatoria per singole Usl», è passata con i voti di Pdl e Lega. Contrari Idv, Futuro Popolare e Sinistra Veneta, astenuti Pd e Verso Nord.
Michela Nicolussi Moro – Corriere del Veneto – 28 giugno 2013