Vittima di un bipolarismo che resiste, di un progetto politico rimasto nell’incubatrice, Scelta civica oggi si presenta come una creatura che non ce l’ha fatta, superata, almeno per Mario Mauro, Pier Ferdinando Casini e un drappello significativo di senatori. Oppure come una caricatura possibile di una nuova Dc, per dirla con Marco Follini, almeno per quanto riguarda coloro che le dicono addio.
O infine come un gruppo di smarriti parlamentari che crede ancora nel suo leader mentre lui dice che non ci crede più. Il disfacimento di un progetto trova Giuliano Cazzola perplesso sia di fronte ai nuovi centristi, popolari, sedicenti europeisti come Casini e Mauro e gli altri che hanno firmato il documento del tradimento, almeno nell’accusa dell’ex premier, sia di fronte ai cosiddetti lealisti: i primi si illudono di poter scartare Berlusconi, che invece sarà sulla loro strada — rimarca Cazzola — i secondi coltivano un’altra illusione, di poter andare avanti senza Monti, sostituendolo con un Carneade qualunque.
I gruppi che si fronteggiano, che la pensano in modo diverso, secondo sfumature ricomponibili o spaccature irrecuperabili sono almeno quattro. Ci sono i montiani doc, fedelissimi, che ritengono il progetto di Sc ancora valido: «Le dimissioni di Monti sono state uno choc, vedrete che sarà utile, magari farà il padre nobile, ma il partito riuscirà a sopravvivere». Dal fronte opposto li chiamano illusi, loro invece ci credono ancora, dal portavoce del movimento Benedetto Della Vedova a Ilaria Borletti Buitoni, da Pietro Ichino a Linda Lanzillotta, sino a Gianluca Susta, Alessandro Maran, Stefania Giannini.
Poi ci sono coloro che sono ancora convinti che il lascito di Monti sia un esempio da seguire, che non hanno mai strappato, che però sin dall’inizio hanno marcato differenze, alimentato sospetti, contribuito a costruire quella distanza fra l’ex premier e la sua creatura: sono montiani ma anche montezemoliani, da Andrea Romano ad Irene Tinagli sino a Carlo Calenda, diversamente montiani, almeno per provenienza. Poi ci sono i presunti colpevoli, coloro che a dire di Monti hanno tramato e tradito, dal ministro della Difesa Mario Mauro all’ex leader dell’Udc, Pier Ferdinando Casini, coloro che inseguono la ricostituzione di un centro popolare europeo diverso dal Pdl, che giurano mai più con Berlusconi, che ricordano a Follini una caricatura: undici firme in Senato per certificare che Monti non ha più la maggioranza a Palazzo Madama e alle quali guarda il Pdl perché tra di loro potrebbe nascondersi qualche «prezioso» no alla decadenza di Berlusconi. Ci sono anche Aldo Di Biagio, ex An ed ex Fli, Lucio Romano, che viene dall’Udc, Luigi Marino, Gabriele Albertini, già sindaco di Milano, già Forza Italia e Pdl.
Le categorie hanno vari soprannomi: i lealisti, anche se il re si è dimesso, i frondisti, poi coloro che ancora guardano a Montezemolo, e infine, il quarto gruppo, i parlamentari che dai colleghi vengono visti in bilico. Lorenzo Dellai, una volta Margherita, oggi presidente del gruppo alla Camera, secondo alcuni potrebbe essere attirato dal progetto di Mauro e Casini; ma fra gli indecisi vengono annoverati anche Andrea Olivero, già coordinatore per pochi mesi, un passato nelle Acli, poi rimosso da Monti, firmatario del «tradimento» ma recuperabile alla causa di Sc, almeno quanto Maria Paola Merloni, anch’essa firmataria e secondo tanti anch’essa indecisa, forse capace di un passo indietro. Due indecisi per un obiettivo non secondario: riuscire a conservare il gruppo di Sc anche al Senato, scongiurare la disgregazione del gruppo.
Per Carlo Calenda, un passato in Confindustria come nell’associazione di Montezemolo, Italia Futura, che ha contribuito alla nascita di Sc, Mauro e Casini «sono stati sleali». Per Luca Cordero di Montezemolo, che la pensa allo stesso modo, «Mario Monti ha avuto il coraggio nel mettersi in gioco quando avrebbe potuto serenamente fare la riserva della Repubblica. Un fatto che troppo spesso viene dimenticato anche da chi dovrebbe essere riconoscente per la propria posizione in questo e nel precedente esecutivo. Sono convinto — continua il presidente della Ferrari — che il progetto di Scelta civica per una forza moderna riformista, liberale e popolare, debba andare avanti, ci sono tante persone di qualità che stanno facendo un ottimo lavoro in Parlamento e nel governo».
Casini nega che stia per nascere un nuovo gruppo al Senato, i montiani ribattono che Mario Mauro dovrebbe dimettersi, a prescindere, sia che un nuovo gruppo si formi, sia che resti nelle intenzioni dei traditori: Gianfranco Librandi, senatore, ne è convinto, visto che il ministro ha detto che Sc «va superata». Angelino Alfano sta alla finestra, pronto a capire se ne può approfittare.
Marco Galluzzo – Corriere della Sera – 20 ottobre 2013