I militari della Guardia di Finanza stanno scandagliando gli uffici di una serie di aziende coinvolte nell’operazione
MILANO – I militari del nucleo valutario della Guardia di Finanza di Milano hanno effettuato una serie di perquisizioni nelle sedi di alcune banche, società di comunicazione e fondi di investimento) nell’ambito dell’inchiesta per aggiotaggio sulla scalata di Lactalis a Parmalat. Si sarebbe inoltre aggiunta una ulteriore ipotesi di reato, quella di insider trading. Stando a quanto riferiscono fonti investigative, perquisizioni riguardano «tutti gli attori italiani che hanno partecipato a vario titolo alla scalata e che hanno sede a Milano».
LE SOCIETÀ COINVOLTE – Da quanto trapela, le sedi interessate sono quelle milanesi di Intesa Sanpaolo, di Société Générale e del Crédit Agricole, dell’advisor Lazard e quelle di due società di comunicazione, Brunswick e Image Building. Le perquisizioni sono relative alle fasi dell’acquisto, il 22 marzo, da parte di Lactalis, del pacchetto di azioni Parmalat in mano ai tre fondi esteri Skagen, MacKenzie e Zenit e alle oscillazioni del titolo in Borsa a partire dal 26 gennaio, quando i tre soci esteri uscirono allo scoperto. Crédit Agricole e Société Générale sono le banche francesi con cui Lactalis ha fatto i contratti di equity swap su azioni Parmalat. Intesa Sanpaolo è l’istituto italiano che ha cercato di organizzare una cordata italiana da contrapporre a Lactalis. Lazard è stato l’advisor dei tre fondi esteri che il 22 marzo scorso hanno venduto il 15,3% di Parmalat a Lactalis, mentre le società di comunicazione hanno assistito i tre fondi nel caso di Brunswick e Lactalis per quanto riguarda Image Building.
I PRIMI INDAGATI – Sono anche emersi i nomi di due indagati: Fabio Canè (Intesa Sanpaolo) per insider trading, mentre la moglie Patrizia Micucci (Socgen) è stata iscritta nel registro degli indagati per aggiotaggio. I due coniugi lavoravano per fronti diversi. Lo stesso reato, l’aggiotaggio, è stato ipotizzato per Massimo Rossi, candidato al cda di Parmalat per i fondi di investimento, e Carlo Salvatori, di Lazard. L’indagine era stata aperta a carico di ignoti e punta le proprie attenzioni sull’andamento del titolo Parmalat sotto scalata dei francesi. Lactalis prima di lanciare l’Opa salì al 29% del capitale del gruppo alimentare.
NOTIZIE RISERVATE – Quando il 25 marzo scorso uscì la notizia dell’avvio dell’inchiesta, il gruppo d’ Oltralpe diffuse una breve nota in cui disse di «aver sempre agito correttamente» e di attendere «serenamente» gli sviluppi della vicenda. E mercoledì ha ribadito in una nota di «non essere oggetto di alcuna indagine giudiziaria». E ha aggiunto: «Certo della totale correttezza e trasparenza delle sue operazioni di acquisto di azioni di Parmalat S.p.A., il gruppo Lactalis è a completa disposizione delle autorità». Nel decreto di perquisizione firmato dai pm, si legge che Fabio Canè è stato iscritto nel registro degli indagati in quanto, essendo «in possesso di informazioni privilegiate relativamente al prezzo che avrebbe offerto Intesa Sanpaolo per l’acquisto del 15,3% del capitale di Parmalat dai fondi, le comunicava, al di fuori del normale esercizio delle sue funzioni, a Patrizia Micucci», sua moglie. Così facendo – si legge ancora nel decreto firmato dal pm Eugenio Fusco – Canè avrebbe permesso «al gruppo Lactalis di offrire un prezzo di poco superiore a quello di Intesa Sanpaolo, sufficiente a permettere ai francesi di comprare il 15,3% di Parmalat dai tre fondi esteri».
LA SCALATA – La scalata di Lactalis a Parmalat, finita sotto la lente della Procura di Milano, è stata scandita da due mesi di annunci e colpi di scena col titolo Parmalat sulle montagne russe in Borsa. Ad aprire le ostilità sul gruppo alimentare, tornato a Piazza Affari nel 2005 dopo il crac del 2003, sono all’inizio di quest’anno tre fondi esteri: Mackenzie, Skagen e Zenit. Hanno in mano il 15,6% del capitale e il 26 gennaio annunciano di volersi presentare uniti, a fine aprile, all’assemblea di Parmalat per cambiare la gestione. Mentre si inizia a parlare di una cordata per difendere l’italianità dell’azienda e rispunta il nome di Granarolo, viene annunciata l’11 marzo la lista dei fondi esteri per il nuovo Cda. Una settimana dopo (17 marzo) entra in scena la francese Lactalis, che annuncia di avere l’11,4% di Parmalat tra quote dirette e opzioni all’acquisto. Il gruppo della famiglia Besnier ha infatti stipulato un equity swap con Socgen (il 10 marzo) e con Crédit Agricole. Esercitando l’opzione a piccoli passi, nei giorni successivi la società transalpina si porta al 13,7% del capitale di Parmalat.
LE DATE – Sotto la regia di Intesa Sanpaolo si cerca intanto di metter insieme una cordata italiana. Ma Lactalis mette sul piatto 2,8 euro per azione. L’offerta è una di quelle cui non si può dire no: il 22 marzo il pacchetto passa ai francesi, che salgono così al 29% di Parmalat. Su questi i passaggi vuole ora far luce la Procura di Milano Ma ci sono almeno altre tre date da ricordare. Il 23 marzo il consiglio dei ministri ha approvato il decreto anti-Opa. Forte delle nuove norme, con in mano una lettera delle banche italiane, il consiglio di Parmalat il primo aprile rinvia l’assemblea a giugno. Il 25 marzo il Pm Eugenio Fusco apre un fascicolo sulla scalata di Lactalis al gruppo di Collecchio. Il mese successivo, il 26 aprile Lactalis ha annunciato un’Opa volontaria su Parmalat a 2,6 euro per azione.
corriere.it – 11 maggio 2011