Giro di boa semestrale per i conti pubblici con tre mine all’orizzonte. Prima dell’assestamento di bilancio, che dovrà arrivare entro fine mese, e dovrà certificare quanto si è risparmiato con la riduzione della spesa per interessi, si profilano tre ostacoli. Il primo è la sentenza della Corte costituzionale sul blocco degli scatti dei dipendenti pubblici (la Corte dei Conti ha valutato i risparmi in 8,7 miliardi in quattro anni, dal 2011 al 2014): non è detto che si replichi quanto è andato in scena con le pensioni ma l’attesa c’è.
La seconda questione è stata sollevata martedì da un “focus” dell’Ufficio parlamentare di bilancio e riguarda le pensioni. Il rapporto calcola il peso della restituzione, operato dal governo per decreto dopo la bocciatura del blocco della indicizzazione della Consulta, nella misura del 12 per cento di quanto perso. La restituzione è stata ispirata da criteri di progressività e si è concentrata, per il 67,5 per cento delle risorse, su le pensioni più basse (tra 3 e 4 volte il minimo). Il recupero è ridotto: per una pensione pari a 1.639 euro lordi, che ha totalizzato una perdita mensile, tra il 2012 e il 2016, di circa 421,5 euro sarà di 89,1 euro, pari al 21,1 per cento. Intorno ai 2.576 euro lordi si recupererà solo il 5 per cento. Il costo è stato contenuto in 2,1 miliardi ma l’Upb segnala che ci sono smagliature nelle coperture. Il saldo netto da finanziare stabilito nella «Stabilità» per il 2015 è infatti di 54 miliardi e salirebbe a 55 miliardi e 827 milioni per effetto dell’erogazione: di conseguenza emergono 1,8 miliardi in più. “Di questa differenza il governo dovrebbe tenere conto nell’ambito dell’assestamento”, avverte l’Upb, invitando di fatto a rispettare le coperture che, ad oggi, non ci sono e che potrebbero emergere solo in sede di assestamento con le nuove valutazioni della spesa per interessi. La terza questione riguarda la bocciatura da parte di Bruxelles del meccanismo della «reverse charge » per la lotta all’evasione Iva: lo stop avrebbe aperto un “buco” di 728 milioni che avrebbero dovuto essere coperti, per via di una clausola di salvaguardia, con aumento delle accise dal 1° luglio. Nell’ambito del decreto enti locali il governo ha rinviato all’autunno lo scatto dell’eventuale aumento. Tuttavia fino ad allora manca la copertura, seppure formale, tant’è che nella prima bozza del decreto si era deciso di trovarla con le risorse della voluntary disclosure e, come paracadute di ultima istanza, con l’aumento degli acconti Ires e Irap. Alla fine si è scelto di non agganciare ulteriori coperture al rientro dei capitali dalla Svizzera partito al rallentatore. Parte delle risorse (671 milioni) sono state infatti già ipotecate nel decreto Milleproroghe mediante una clausola di salvaguardia che poneva inizialmente a copertura dell’abolizione Imu prima casa, un aumento delle accise benzina dal 1° gennaio e che fu sostituito con il gettito della voluntary.
Quasi un rompicapo quello delle coperture che si rincorrono che dovrà trovare una soluzione nell’ambito della legge di Stabilità il prossimo autunno quando si tratterà di disinnescare la maxi clausola di salvaguardia posta a tutela della spending review e che vale 12,5 miliardi di aumenti Iva a partire dal 1° gennaio 2016.
18 GIUGNO 2015 DI ROBERTO PETRINI / LA REPUBBLICA