La Stampa. I cacciatori di 36 squadre dell’Atc1 Savona-Levante si rifiutano di iniziare ad abbattere i cinghiali perché, una volta uccisi dovrebbero essere consegnati all’Asl2 Veterinaria per capire dalle analisi se affetti da peste suina africana e quindi, al di là dell’esito, smaltiti come rifiuti speciale e inceneriti.
Franco Ciocca, presidente dell’Ambito territoriale di caccia Savona 1, spiega: «Dal prossimo 2 ottobre dovrebbe iniziare la stagione venatoria per quanto riguarda i cinghiali, ma molto probabilmente l’apertura slitterà perché non ci sono le condizioni per partire con queste restrizioni. La recinzione intorno alla vasta “zona rossa” in cui sono stati inclusi sette paesi del Savonese, ossia Albisola Superiore, Celle Ligure, Varazze, Stella, Sassello, Pontinvrea ed Urbe per isolare la peste suina, serve poco o niente. I cinghiali facilmente aggirano gli steccati o scavando sotto le reti, oppure passando tranquillamente dai ponti per arrivare fino ai centri abitati». E aggiunge: « I costi per praticare questo sport tra tasse, autorizzazioni, assicurazioni, tesserini, rinnovo del porto d’armi variano dai 400 ai 600 euro per persona. Con questi fondi, poi, si eseguono interventi di manutenzione nei boschi, ad esempio rendendo carrabili le strade tagliafuoco e percorribili i sentieri. Noi abbiamo cercato di collaborare con tutti, ma arrivati a questi punti rifiutiamo di andare a caccia».
“La normativa attuale non ha senso -dicono i cacciatori -. Abbattuto il capo, anziché portarcelo a casa, dovremmo trasportarlo a nostre spese all’Asl affinchè verifichi che non è affetto da peste suina africana. A quel punto, se il risultato è negativo, quindi se la bestia è automaticamente commestibile, anziché riprendercela dovremmo farla ugualmente eliminare tramite incenerimento. Siamo fuori dal mondo». Domani i rappresentanti del settore venatorio della Regione Liguria saranno al ministero a Roma per cercare di sbrogliare l’infuocata questione.