L’Istituto Zooprofilattico della Sardegna ha contribuito a diagnosticare un caso di leishmaniosi su una bambina di quattordici mesi ricoverata a Sassari. L’episodio, accertato le scorse settimane, arriva a tre anni di distanza dall’ultimo caso di leishmaniosi umana registrato nell’Isola.
Grazie all’esito delle analisi dell’Istituto Zooprofilattico, che hanno permesso di confermare la presenza degli agenti patogeni, la bambina è stata sottoposta alle cure appropriate risolutive della grave malattia. Ora sta bene ed è tornata a casa con i genitori.
«La leishmaniosi è una malattia trasmessa dagli animali all’uomo (zoonosi), diffusa praticamente in tutti i continenti – spiega il dottor Giuseppe Satta, responsabile del laboratorio di Protozoologia dell’Istituto Zooprofilattico -. A trasmetterla è un insetto-vettore, il pappatacio o flebotomo, che trasporta l’agente patogeno (il protozoo leishmania) dai cani agli esseri umani. I cani, infatti, rappresentano il serbatoio più importante della leishmaniosi, che nel loro organismo può diventare cronica». La bambina era affetta dalla forma viscerale della patologia, quella più insidiosa, che se non diagnostica in tempo, può condurre a un esito letale.
«Il grado di pericolosità della malattia dipende dalle condizioni generali di salute del soggetto colpito, dall’aggressività del patogeno e dal numero di protozoi inoculati dall’insetto vettore – precisa il dottor Satta –. Il periodo di incubazione va da quindici giorni a sei mesi e nel caso della bambina siamo convinti di aver contribuito ad arrivare in tempo, perché il risultato degli esami di laboratorio ha permesso di orientare la diagnosi clinica nel senso giusto e di predisporre la terapia del caso».
La malattia. Una volta iniettati dalla puntura del pappatacio, i protozoi della leishmaniosi si diffondono nel sangue e si moltiplicano. A seconda dei casi può svilupparsi una forma cutanea della malattia, di più semplice risoluzione, o una forma viscerale o sistemica con l’aggressione degli organi interni, (come il fegato e la milza), che determinano una manifestazione clinica più importante.
«Contro la leishmaniosi non sono disponibili vaccini umani, perciò il consiglio è quello di prevenire le punture dell’insetto e tenere sotto controllo i propri cani – spiega il direttore generale dell’Istituto Zooprofilattico, Antonello Usai -. Nelle campagne, però, ci sono ancora troppi randagi, quindi raccomandiamo particolare attenzione a chi vive in periferia o nell’agro. In ogni caso bisogna evitare le psicosi – aggiunge il direttore – perché la malattia non si trasmette con il morso del cane. Più utile, invece, prevenire il rischio e sottoporre ad analisi periodica i propri animali, che in caso di positività, possono essere sottoposti a trattamento farmacologico in grado di evitare il contagio».
Il pappatacio è più piccolo delle zanzare e si muove su distanze di pochi chilometri. Si riproduce in ambiente terricolo-umido dove ci sono residui organici (fogliame, letame ecc.) e punge soprattutto all’alba e al crepuscolo. «In Sardegna la trasmissione della leishmaniosi avviene prevalentemente in estate – commenta il dottor Satta -. Dunque questo è il periodo migliore per aumentare il livello di guardia di chi possiede cani e diventa determinante l’uso di sostanze ad azione repellente, come i collari antiparassitari o i prodotti spot-on».
Nel 2011 l’Istituto Zooprofilattico della Sardegna ha eseguito circa 2500 esami per la diagnosi delle malattie trasmesse dagli animali all’uomo. «Siamo l’unico ente in Sardegna in grado di effettuare la diagnostica di laboratorio in questo settore – conclude Usai -. Un lavoro che svolgiamo a supporto del sistema sanitario regionale con prove di laboratorio accreditate, confermate dall’Istituto Superiore di Sanità».
sassarinotizie.com – 18 maggio 2012