Ai primi passi della campagna di vaccinazione anti Covid-19, avviata ieri in Gran Bretagna, il mondo scientifico rileva che sono ancora molte le domande aperte. A dare voce a questi interrogativi è, in un’intervista all’Ansa, pubblicata su Popolar Science, Giuseppe Remuzzi, direttore dell’istituto farmacologico ‘Mario Negri’, mentre sul suo sito la rivista Nature riporta il parere di esperti internazionali.
Alla domanda se il virus può mutare, vanificando l’azione del vaccino, il direttore del Mario Negri risponde: “Al momento il genoma del virus SarsCoV2 sembra abbastanza stabile. C’è tuttavia la possibilità che una vaccinazione di massa possa esercitare una forte pressione selettiva capace di spingere il virus a mutare”. Esiste quindi il rischio che il Sars Cov 2 possa evolvere in una nuova variante.
Ed è proprio questo uno degli interrogativi principali che oggi si pongono gli scienziati. Dal momento in cui il SARS-CoV-2 ha iniziato a infettare e a diffondersi nella nostra specie, è entrato in contatto con il sistema immunitario umano, che mette in atto risposte anticorpali per eliminare le infezioni. Spesso, virus e altri agenti patogeni rispondono all’attacco della risposta immunitaria attraverso mutazioni che li rendono meno riconoscibili o più resistenti.
“Sarà fondamentale monitorare nel corso del tempo la variabilità genomica di SARS-CoV-2, per essere pronti ad identificare la comparsa di nuove mutazioni che possano consentire al virus di eludere la risposta anticorpale, naturale o determinata da un eventuale vaccino” sostengono un gruppo di ricercatori italiani nel recente studio Antigenic variation of SARS?CoV?2 in response to immune pressure pubblicato su Molecular Ecology. A tale studio dedica un articolo Le Scienze
Attraverso differenti approcci computazionali, gli autori dello studio hanno predetto le regioni delle proteine di SARS-CoV-2 riconosciute dal sistema immunitario umano (tali regioni sono dette “epitopi”). I ricercatori hanno distinto tra epitopi riconosciuti da anticorpi rispetto a quelli identificati da linfociti T. Sono poi andati a valutare se, nei numerosi genomi di SARS-CoV-2 di tutto il mondo, queste regioni fossero soggette a cambiamenti.
I risultati hanno mostrato come, in alcune proteine di SARS-CoV-2, le regioni riconosciute da anticorpi siano particolarmente variabili. Questo indica che, a pochi mesi dall’inizio della pandemia, l’effetto della risposta anticorpale è già osservabile nella popolazione di SARS-CoV-2 e che il virus sta evolvendo per contrastare tale risposta. Questi risultati sono stati ottenuti anche in altri coronavirus.
Al contrario, le regioni delle proteine di SARS-CoV-2 riconosciute dai linfociti T non sono particolarmente variabili, anzi lo sono poco. Gli autori dello studio hanno infatti osservato una significativa riduzione della diversità nelle porzioni proteiche riconosciute dalle cellule T. E’ però importante notare che, anche nel caso di coronavirus che causano comuni raffreddori, i ricercatori hanno notato una minore diversità degli epitopi delle cellule T. Questo suggerisce che la conservazione di queste regioni proteiche non sia direttamente collegata alla gravità della patologia causata dal SARS-CoV-2. Una possibile spiegazione è che il virus possa modulare la risposta immunitaria dell’ospite a suo vantaggio e la poca variabilità di queste regioni sia un meccanismo per indurre tolleranza da parte delle cellule T.
Di seguito, per completezza di informazione, le altre interessanti risposte del direttore Remuzzi alle domande fondamentali sui vaccini
1) Perché la Gran Bretagna è la prima a cominciare le vaccinazioni?
“La Gran Bretagna – risponde Remuzzi – ha cominciato in giugno ad analizzare i dati sulle sperimentazioni, a partire dalla fase preclinica e dalla fase 1, fino ai rapporti dell’industria. Il Paese ha quindi messo talmente tante forze in campo da essere pronto. E’ stata un’attività di emergenza che ha gestito in autonomia per via della Brexit”.
2) Che differenza c’è fra l’approvazione del vaccino negli Stati Uniti e in Europa?
L’ente regolatorio degli Stati Uniti, la Food and Drug Administration (Fda) “procede esaminando tutti i dati grezzi forniti dall’industria per validarli, vale a dire – spiega Remuzzi – esaminare migliaia di pagine di documenti. L’agenzia europea del farmaco, l’Ema fa invece riferimento alle analisi fatte dalle aziende: non guarda i dati grezzi, ma i rapporti dell’industria e, se non ci sono anomalie, basa la loro decisione su quei documenti”.
3) La corsa all’autorizzazione significa saltare dei passaggi?
“Lavorare in emergenza – osserva Remuzzi – non significa saltare dei passaggi: si rispettano tutte le tappe, ma si fa più in fretta”.
4) Perché la sperimentazione del vaccino è stata così veloce?
“Sostanzialmente per due ragioni: da un lato – risponde Remuzzi – abbiamo tecnologie molto più avanzate rispetto a quelle di soli 20 anni fa, ai tempi del vaccino contro la Sars del 2003”. Macchine, tecnologie, mappe genetiche virus sono i tanti progressi messi a disposizione della ricerca sul vaccino, con tanti finanziamenti da parte di istituzioni e associazioni filantropiche.
5) I vaccini avranno effetti collaterali?
Per la maggior parte i vaccini più avanzati nei test non mostrano particolari problemi, da febbre ad arrossamenti, fino a mal di testa e dolori muscolari: sono tutti effetti transitori.
6) Perché vaccinare gli anziani dopo medici e infermieri?
“Gli anziani sono la popolazione più fragile e da proteggere, nonché la più semplice da raggiungere. Va però considerato un recente studio condotto in India secondo il quale i giovani da 20 a 35 anni sono i maggiori responsabili dei contagi. Ci si potrebbe chiedere allora perché non cominciare a vaccinare i giovani. Gli scienziati possono fornire questi elementi, ma a decidere dovranno essere i politici.
7) Quanto dura l’immunità?
“Non lo sappiamo di sicuro. Possiamo far riferimento all’esperienza della Sars e pensiamo fra 6 e 12 mesi, con un richiamo dopo un anno.
8) Chi è guarito potrà evitare di vaccinarsi?
Dipende da chi è guarito da che cosa: la risposta anticorpale è diversa in rapporto alla gravità malattia. Chi l’ha avuta in forma grave ha di solito una maggior produzione di anticorpi e ha un’immunità che dura più a lungo. Fare questa distinzione pone un problema organizzativo e la cosa più semplice è vaccinare tutti.
9) La vaccinazione previene la trasmissione della Covid-19?
“Nessuno lo ha dimostrato”, osserva su Nature il virologo Stephen Griffin, dell’università britannica di Leeds. “Ciò lascia aperta la possibilità che chi è stato vaccinato sia suscettibile di un’infezione asintomatica”.
10) Il virus può mutare vanificando l’azione del vaccino?
Al momento, osserva Griffin, il genoma del virus SarsCoV2 sembra abbastanza stabile. C’è tuttavia la possibilità, rileva, che una vaccinazione di massa possa esercitare una forte pressione selettiva capace di spingere il virus a mutare.