Tre miliardi di euro da trovare per abolire i ticket sulla sanità, e dare un segnale di attenzione, anche politica, alle fasce più deboli della popolazione. Il governo torna alla carica: la prossima settimana il ministro della Salute Beatrice Lorenzin vedrà le Regioni e rimetterà la proposta sul tavolo. Già ieri ha visto il coordinatore degli assessori regionali, il piemontese Antonio Saitta, che ha riferito il via libera di massima dei governatori. Anche per loro è arrivato il momento di intervenire. E forse anche di mettere mano a un tabù, il ticket e le detrazioni sulla sanità slegati dal reddito.
La Lorenzin non lo ha ancora detto in modo esplicito, ma il suo disegno passa anche per la riforma delle spese fiscali. Da tempo nel mirino, la revisione sembra ormai inevitabile in vista della prossima manovra. E si fa largo l’idea di una modulazione in funzione del reddito. Oggi sono fisse, pari al 19% della spesa. Potrebbero essere articolate, rafforzando quelle per i redditi più bassi.
Altra ipotesi che il ministro della Salute sta prendendo in considerazione è quella di vincolare alla riduzione della compartecipazione alla spesa i risparmi conseguiti nel sistema. Dall’applicazione dei nuovi Lea, cui sono riservati 800 milioni del Fondo nazionale da 113 miliardi, dovrebbero derivare, spiegano al ministero, «risparmi automatici». Così come dall’unificazione delle centrali di acquisto regionali, che dove è stata realizzata ha permesso una riduzione media della spesa del 20%.
«Potremmo sgravare le famiglie con figli numerosi o quelle persone che perdono il lavoro, andando incontro alle nuove sacche di povertà» ha detto il ministro ieri mattina a “Coffee Break” su La7. «Dobbiamo tornare a riflettere sul ruolo originario dei ticket. Oggi abbiamo gente che non si cura perché non riesce a sostenerli. Nel privato, spesso, le tariffe proposte per la diagnostica sono inferiori al ticket» dice Saitta. Oggi sono esenti dalla compartecipazione i bambini sotto i sei anni di età e gli anziani con oltre 65 anni, ma con un reddito annuo lordo inferiore a 36 mila euro. Non sono tenuti a pagarli neanche i disoccupati, con redditi fino a 8.200 euro, gli invalidi, i cittadini che soffrono di malattie croniche. «Ma abbiamo anziani che pur avendo il diritto non riescono a presentare le richieste» nota la Lorenzin. Le detrazioni dalle imposte del 19% delle spese mediche, sono invece fisse, e prescindono dal reddito. Con l’aggravante che chi guadagna poco e non paga affatto le tasse, o ne paga molto poche, non ha i margini per godere del beneficio fiscale, che finisce solo ai più ricchi.
In attesa delle decisioni sui ticket, il governo domani dovrebbe varare un decreto legge per evitare i referendum sui voucher. Le ipotesi sono due: l’abolizione pura e semplice, che ha più possibilità, lasciarli solo alle famiglie. Sugli appalti si valuta il ripristino della responsabilità solidale tra impresa appaltante e appaltatrice. (vai alla fonte)
Mario Sensini – Il Corriere della Sera – 16 marzo 2017