Domani, con la chiusura della quarta trimestrale, calerà il sipario sui conti della sanità veneta. Un comparto che – con i suoi 8,35 miliardi di fatturato – rappresenta il “core business” della Regione, assorbendo circa l’80% delle risorse disponibili. La “cura da cavallo” evocata dal governatore Luca Zaia ha prodotto risultati superiori alle attese: il disavanzo di partenza delle aziende sanitarie, 800 milioni, è stato progressivamente azzerato e il bilancio d’esercizio 2010 chiuderà in pareggio. Com’è stato possibile? La manovra ispirata e coordinata dal top manager Domenico Mantoan ai direttori generali ha agito essenzialmente su due fronti.
Il contenimento della spesa corrente: con preferenza ai farmaci generici rispetto a quelli “griffati”, centralizzazione delle gare d’appalto per spuntare maggiori ribassi, riduzione dei tempi di ricovero ospedaliero. E il blocco degli investimenti, sia sul piano strutturale-tecnologico che su quello delle risorse umane. L’esito è stato, per molti versi, sorprendente, pur se con differenze marcate tra le 24 Usl e Aziende coinvolte.
Quasi tutte hanno abbattuto il deficit corrente, alcune presentano conti in attivo, solo un drappello di dg riproporrà cifre vistosamente in rosso: Antonio Padoan (Venezia), Adriano Marcolongo (Rovigo), Maria “Giusy” Bonavina (Verona) e Antonio Alessandri (Vicenza). Paradossalmente, questi manager – decisamente in bilico, a cominciare da Padoan, ormai in totale rotta di collisione con Palazzo Balbi – beneficeranno dei tagli compiuti altrove: perché il pareggio di bilancio scongiurerà il commissariamento incombente – oggi stesso è attesa la lettera del presidente del Consiglio che, secondo il dettato di legge, impone il ripianamento del deficit – e con esso la decadenza dei dirigenti dall’incarico. Circostanza, questa, tutt’altro che gradita al governatore leghista, da tempo orientato a modificare gli assetti di vertice della sanità; obiettivo condiviso da gran parte del Pdl, ansioso a sua volta di sbarazzarsi dell’ingombrante eredità galaniana.
Non è tutto oro quello che luccica, però. L’azzeramento del debito è la risultante di uno sforzo eccezionale combinato ad acrobazie contabili difficilmente ripetibili; analogamente, i necessari investimenti non potranno slittare a tempo indefinito. A finanziarli, quest’anno, non concorrerà l’addizionale sull’Irpef ma per i contribuenti lo sgradito appuntamento è solo rinviato. Dal 2012 il Veneto inizierà a versare al Tesoro le rate del debito sul miliardo di mancati ammortamenti (le spese contratte e non coperte delle Usl) nell’ultimo decennio; si tratterà di sborsare 40 milioni all’anno per venticinque anni e l’intesa siglata col ministero di Tremonti prevede che la Regione impieghi risorse proprie, senza attingere cioè al Fondo nazionale. Il ricorso all’addizionale d’imposta diventerà così inevitabile.
La Nuova Venezia – il Mattino di Padova – la Tribuna di Treviso
26 aprile 2011