di Roberto Turno. Un taglio già quest’anno tra 800 mln e 1 mld. Una spuntata agli stipendi manager di asl e ospedali e anche dei medici e dell’intera dirigenza sanitaria oltre 70-80mila euro. Forse più fondi per investire. Per la sanità pubblica arriva una nuova stagione di tagli. Anche se non lineari. Aspettando che la cura Cottarelli su beni e servizi peschi più a fondo tra sprechi e spese anomale e in attesa che il «Patto per la salute» – che ora rischia di tornare in stallo – porti quei risparmi da 10 mld che Beatrice Lorenzin considera a portata di mano. Anche le carte della manovra sulla sanità saranno scoperte del tutto al Consiglio dei ministri del 18 aprile. Una decina di giorni per prendere tempo e per sistemare tutte i tasselli del delicato puzzle della nuova potatura delle risorse per la salute pubblica. Per far quadrare tutti i conti. E per trattare. La bozza del documento
Aveva messo in guardia fin dalla mattina intervenendo agli «Stati generali della Salute», Matteo Renzi: « I risparmi vanno fatti anche in sanità». Per aggiungere al termine del Consiglio dei ministri: «Tagli…intendiamoci. Non è che un manager di una asl guadagni poco. Ma non ci saranno tagli lineari, anzi in prospettiva in sanità spenderemo di più». Già, ma da quale base di partenza?
Anche le carte della manovra sulla sanità saranno scoperte del tutto al Consiglio dei ministri del 18 aprile. Una decina di giorni per prendere tempo e per sistemare tutte i tasselli del delicato puzzle della nuova potatura delle risorse per la salute pubblica. Per far quadrare tutti i conti. E per trattare. Perché sul piatto c’è la possibile riduzione del Fondo sanitario, che essendo agganciato a un pil in diminuzione, dovrebbe subire un analogo calo percentuale. Tanto che le tabelle predisposte dall’Economia indicavano ieri fino all’ultimo una precisa scansione: circa 800 mln in meno nel 2014, poi -1,7 mld nel 2015 e -2,1 mld nel 2016. B&S esclusi. Ma ora si tratta e tutte le cifre tra dieci giorni dovranno quadrare.
Anche politicamente, s’intende. Magari nel tentativo di incassare anche l’apertura alla consegna di fondi in più per gli investimenti.
Ma non sarà facile, è chiaro. Lorenzin ha conquistato – promessa di premier – la certezza che i tagli lineari non ci saranno, ma ha subito l’esistenza di tagli che comunque ci saranno. Con due problemi in più, a questo punto, da risolvere. Il primo: il pericolo che il «Patto» torni in bilico, viste le reazioni delle regioni fin dalla tarda mattinata di ieri. Il secondo: il dubbio che il Governo davvero conceda quello che ministro e regioni rivendicano, ovvero mantenere tutti i risparmi nel Ssn. Una scommessa. Intanto Renzi giura di non avercela con i governatori. Ma ieri, come Lorenzin, ha detto chiaro e tondo che, d’ora in poi, chi sgarra non avrà vita facile. Intanto i medici (indennità escluse, la media dei loro stipendi è di 74mila euro, con 8mila primari che guadagnano non meno di 110mila euro) sono già sul piede di guerra. E i manager (in media sopra i 130-140mila euro l’anno lordi) masticano amaro.
I contenuti sanitari del Def
Tagli a parte, ai risparmi – è confermato – penserà il Patto «che possa conciliare negli anni futuri la duplice esigenza di contrastare le inefficienze gestionali e garantire l’appropriatezza e la qualità dei servizi». La sanità dovrà avere una particolare attenzione agli elementi di spreco, nell’ambito del Patto e con «l’assunzione di misure contro le spese che eccedono significativamente i costi standard». E sempre il Patto « determina l’ammontare delle risorse da destinare al Servizio sanitario nazionale – è scritto nel Def – ed è finalizzato a migliorare la qualità dei servizi e delle prestazioni garantendo l’unitarietà del sistema». Ma non è ancora scritto che ciò che si spenderà in meno resterà necessariamente nel Ssn. Mentre è scritto, come anticipato dal premier, che la tendenza dell’incidenza della spesa sul Pil – cha farà da guida agli stanziamenti – è destinata a crescere dal 2005, seppure fino al 2020 sarà comunque in calo.
Il Documento di economia e finanza presentato al Consiglio dei ministri punta, per il settore sanitario, alla riduzione degli sprechi e a ciò che Regioni e Governo decideranno nel Patto: «Il settore sanitario presenta evidenti tratti di delicatezza – è scritto – suggerendo una elevata attenzione sugli elementi di spreco, nell’ambito del cosiddetto Patto per la salute con gli enti territoriali».
Vale sempre la legge di stabilità 2014
Il Def però non dimentica di “ricordare” che la Legge di Stabilità 2014 introduce per le Regioni, e anche per gli enti locali, il divieto di stipulare contratti relativi a strumenti finanziari derivati o contratti di finanziamento che includono componenti derivate e rinegoziare operazioni su derivati già in essere.
Con la Legge di Stabilità per il 2014-2016, si legge ancora nel documento, non sono state introdotte modifiche al Patto ulteriori rispetto alle misure di spending review previste nel 2012. «Queste ultime, a decorrere dall’anno 2013, prevedono: i) la riduzione del 10 per cento dei corrispettivi e i corrispondenti volumi d’acquisto di beni e servizi, con possibilità per le Regioni di conseguire gli obiettivi economico-finanziari attesi anche attraverso misure alternative, assicurando, in ogni caso, l’equilibrio del bilancio sanitario; ii) la rideterminazione del tetto di spesa per l’acquisto di dispositivi medici al 4,4 per cento a decorrere dall’anno 2014; iii) la riduzione degli acquisti da erogatori privati per prestazioni di assistenza specialistica ambulatoriale e di assistenza ospedaliera tale da ridurne la spesa, rispetto al 2011 del 2,0 per cento a decorrere dal 2014.
Per quanto riguarda la spesa farmaceutica, le misure introdotte con la spending review nel 2012, hanno ridotto il tetto per la spesa farmaceutica territoriale, rideterminandolo all’11,35 per cento a decorrere dal 2013. Lo stesso decreto ha introdotto, a partire dallo stesso anno, il meccanismo del pay-back in caso di superamento del tetto della spesa farmaceutica ospedaliera».
Il Programma nazionale di riforma
Nel Def poi sono indicate anche le azioni del Programma nazionale di riforma e la sanità è coinvolta nel capitolo delle risorse nazionali previste in Legge di Stabilità il cui utilizzo dovrà servire alle «aree interne, completando, d’intesa con le Regioni, l’individuazione di un’area-progetto prototipo in ogni Regione e Provincia autonoma, sulla quale avviare la progettazione nel 2014, assicurando gli impegni dei ministeri coinvolti, delle Regioni stesse e degli Enti locali attraverso la sottoscrizione dei primi Accordi di Programma quadro». In particolari per i servizi sanitari l’intervento prevede di riorganizzare e migliorare l’offerta sanitaria «in modo da assicurare a tutti i residenti rapidità dei servizi di emergenza e diagnostica».
Dirigenza pubblica e beni e servizi
Altro capitolo che il Def sottolinea sono «le retribuzioni della dirigenza pubblica, che appaiono elevate nel confronto con la media europea»
e gli stanziamenti per beni e servizi che «appaiono molto consistenti e su questo, nell’immediato, si rendono necessari rilevanti interventi di controllo. La presenza nel nostro Paese di circa 30 mila stazioni appaltanti può dar luogo ad evidenti inefficienze: a fronte di ciò concentrare gli appalti pubblici in capo alla Consip e ad alcune altre centrali di acquisto presso le Regioni e le città metropolitane consentirebbe di ottenere dei risparmi già nel medio periodo; risparmi sono anche possibili a seguito del miglioramento nella puntualità dei pagamenti delle pubbliche amministrazioni, che dovrebbe avere un effetto favorevole sui prezzi di acquisto».
I debiti Pa
Ma il Def non dimentica i debiti Pa e per la sanità sottoline che si dovrà «favorire il riequilibrio della gestione di cassa del settore sanitario ampliando il perimetro dei debiti sanitari finanziabili con anticipazioni di liquidità».
Le proiezioni della spesa sanitaria: dal 2025 cresce l’incidenza sul Pil
Un capitolo a parte il Def lo dedica alle proiezioni della spesa sanitaria. E lo fa con proiezioni sulla base della metodologia del reference scenario che recepisce, oltre agli effetti derivanti dall’invecchiamento demografico, anche gli effetti indotti da ulteriori fattori esplicativi in grado di incidere significativamente sulla dinamica della spesa sani-taria.
Il reference scenario prevede che, per la componente acute della spesa sanitaria: i) gli incrementi di speranza di vita si traducano in anni vissuti in buona salute in misura pari al 50%; ii) la dinamica del costo unitario sia allineata al Pil pro capite; iii) l’elasticità del costo unitario rispetto al Pil pro-capite sia superiore all’unità (si riduce linearmente nel periodo di previsione passando dall’1,1 iniziale a 1,0 nel 2060). Per quanto riguarda la componente long term care (LTC) della spesa sanitaria, il reference scenario «prevede l’applicazione parziale dell’aumento della speranza di vita come per la componente acute della spesa sanitaria; mentre l’elasticità del costo unitario al Pil per occupato è pari a 1,0 per tutto il periodo di previsione».
Ne deriva che, dopo una fase iniziale di riduzione per effetto delle misure di contenimento della dinamica della spesa, la previsione del rapporto fra spesa sanitaria e Pil presenta un profilo decrescente fino al 2020: dal 7,3% del Pil del 2010 si passa al 7% del 2015 e 6,9% nel 2010. Ma poi il profilo diventa crescente a partire dal 2025 (7,1%) e si attesta a circa l’8,0 per cento nell’ultimo decennio del periodo di previsione (dal 2050 in poi). Le componenti di spesa socio-assistenziale per l’assistenza agli anziani e disabili a lungo termine, dopo una fase iniziale di sostanziale stabilità, presentano un profilo crescente in termini di Pil, che si protrae per l’intero periodo di previsione, raggiungendo l’1,6% nel 2060. La previsione della spesa per ammortizzatori sociali in rapporto al Pil passa invece dallo 0,7% del 2010 al circa 1,0% del 2015, per poi scendere gradualmente ed attestarsi su un valore di poco superiore allo 0,6% a partire dal 2030.
Il Sole 24 Ore sanità – 9 aprile 2014