Basta assegnazioni clientelari degli incarichi e gestioni “allegre” di Asl e ospedali. Per la sanità si cambia, almeno sulla carta. Per i direttori generali delle aziende sanitarie sono in arrivo le nuove regole di ingaggio. Le Regioni dovranno dire addio alle nomine politiche e rendere più stringenti i controlli sull’operato dei manager. A dare la spallata alle scelte legate a interessi di parte sarà uno dei decreti attuativi della riforma della Pubblica amministrazione, il ddl Madia, approvato dal Parlamento ad agosto. Il decreto, che potrebbe arrivare in Consiglio dei ministri prima di Natale (o, al più tardi, all’inizio di gennaio), farà parte di un pacchetto più corposo che metterà insieme circa dieci provvedimenti. Tra questi, anche la riforma delle società partecipate. L’obiettivo è di eliminarne almeno un terzo. E contemporaneamente fare un repulisti generale della gestione e dei bilanci-groviera di quelle che rimarranno in piedi.
UN ALBO NAZIONALE Per quanto riguarda i direttori sanitari, il decreto in arrivo – a cui ha lavorato anche la ministra della Salute Beatrice Lorenzin – imporrà a tutti i vertici ospedalieri di confluire in un apposito albo unico nazionale di cui si occuperà il ministero della Salute. Una specie di elenco degli idonei, che verrà aggiornato ogni due anni, nel quale potranno accedere i candidati ai ruoli manageriali solo se in possesso di determinati requisiti (come laurea, abilitazione, esperienza pregressa). Sarà istituita una commissione nazionale di esperti, statali e regionali, che avrà il compito di selezionare i candidati inseriti nell’albo.
Con il nuovo meccanismo dunque le Regioni avranno le mani più legate nella scelta dei vertici: sarà infatti la commissione, pescando dall’albo, a selezione e presentare all’amministrazione una rosa di tre nomi su cui dovrà ricadere la decisione finale. In altre parole, le Regioni non potranno più assegnare incarichi con la stessa libertà di oggi, ma saranno vincolate a scegliere fra tre nomi già filtrati dalla commissione. Cambierà anche la verifica dell’operato dei manager.
Se il direttore non migliorerà le performance della sua azienda sarà rimosso e a farlo sarà la commissione nazionale e non più la Regione.
Tra i provvedimenti in arrivo, come detto, c’è quello sulle società partecipate. Quelle importanti si occupano di acqua, energia, rifiuti e trasporto pubblico, ma ce ne sono di piccole che si dedicano alla comunicazione, ai servizi, al software, alle assicurazioni. Sono troppe e disorganizzate e per questo il decreto porterà una ventata di regole più stringenti per loro apertura e gestione (con tanto di tetto per le buste paga dei vertici). Le amministrazioni avranno sei mesi di tempo per la ricognizione e un altro anno per liquidare le cosiddette scatole vuote. Non saranno esclusi accorpamenti e fusioni. Stando alle stime dei tecnici governativi la tagliola potrebbe riguardare non meno di mille partecipate e fino a un massimo di 4 mila (su circa 7600 esistenti). Ma il numero di quelle a rischio è legato alla norma transitoria del decreto, appesa alle decisioni politiche che nei prossimi giorni verranno prese a Palazzo Chigi.
LE FORZE DI POLIZIA Tra i dieci decreti in arrivo si conta anche quello che ridurrà da cinque a quattro le Forze di Polizia. Il grosso dei Forestali sarà infatti assorbito dai Carabinieri, a cui saranno attribuite le funzioni in materia di sicurezza ambientale, forestale e agroalimentare, Le funzioni e mezzi contro gli incendi boschivi andranno invece ai Vigili del fuoco. Infine, con la prima tranche della riforma della Pubblica amministrazione sono attesi il decreto sulle spa locali, che si occupano dei servizi pubblici, quelli sulla digitalizzazione e l’introduzione del Foia (per una maggiore trasparenza), i provvedimenti sulla riforma dei porti, le Camere di commercio, la Conferenza dei servizi e gli insediamenti produttivi strategici (con il taglio della burocrazia del 50%).
Sonia Ricci – Il Messaggero – 20 dicembre 2015