di Filippo Tosatto. Alla fine l’hanno spuntata i nordisti. Dopo un’estenuante giornata di trattative, la Conferenza Stato-Regioni ha approvato l’applicazione dei costi standard nella sanità, accogliendo la pressante richiesta avanzata in tal senso dai presidenti leghisti di Lombardia, Veneto e Piemonte che minacciavano, in caso contrario, di abbandonare a tempo indeterminato il tavolo di collaborazione.
Di che si tratta? Il principio ispiratore, accolto nel nuovo Patto per la salute, è quello di superare l’attuale sperequazione nel rapporto spesa-servizi che caratterizza il panorama italiano e tanto contribuisce a determinare gli sprechi che alimentano la voragine del debito pubblico. Il criterio di partenza, nella ripartizione delle risorse, non sarà più la spesa storica (cioè i quattrini sborsati in passato da ciascuno) ma i fabbisogni legati a un sistema di prezzi omogenei dalle Dolomiti alla Sicilia. L’esempio fatidico, ripetuto fino alla sfinimento da Luca Zaia, è quello della siringa che negli ospedali veneti costa 4 centesimi e nel Sud lievita a 24. Un divario inspiegabile che autorizza i peggiori sospetti, ora destinato, sulla carta almeno, a svanire. La novità, cui per la verità ha contribuito non poco l’atteggiamento aperturista della Campania, è musica per le orecchie del governatore di Palazzo Balbi: «Battaglia vinta», commenta Zaia «finalmente si parte, con l’accordo sui costi standard riprende un cammino che era stato colpevolmente abbandonato dal 2011 con risultati, in termini di finanza pubblica, drammaticamente sotto gli occhi di tutti. È la svolta che attendevamo da anni, basti pensare che stiamo parlando e aggredendo un volume di risparmi potenziali pari a decine di miliardi, più di qualche finanziaria. Finora l’attendismo pernicioso dei governanti ha consentito agli spreconi di continuare a sperperare e agli esecutivi di applicare i tagli orizzontali che uccidevano i virtuosi e non colpivano gli scialacquatori di denaro pubblico, avvilivano i servizi e costringevano le Regioni coi i conti in ordine a tirare la cinghia anche più del necessario. Adesso i soldi dei veneti non verranno più sprecati e che non dovranno mai più finire a coprire i buchi chi pratica finanza pubblica allegra». Dello stesso tenore le affermazioni di Luca Coletto, l’assessore alla sanità che per due anni a Roma ha battagliato con i colleghi di mezza Italia, incassando non pochi vituperi: «Siamo di fronte ad una svolta storica che deve essere decisivo per risanare finalmente, con i giusti metodi, il buco della sanità italiana. È stata invertita la rotta, adesso avanti tutta», commenta a tarda sera, convinto che il passo compiuto rappresenti un duplice successo: «Per chi, come noi, ha sempre chiesto una seria lotta agli sprechi ma anche per tutti i cittadini nelle cui tasche si dovrà smettere di infilare le mani per tappare ora un buco ora un altro». E adesso? «Si parte subito, applicando la normativa che già esiste e che costituisce un totale cambio di prospettiva rispetto all’ingiusto criterio della spesa storica che veniva andava a colpire le Regioni virtuose come la nostra». Ma come saranno calibrati i nuovi costi? Sul modello delle cinque regioni «benchmark», quelle dotate di standard migliori. Spetterà al ministro Beatrice Lorenzin indicarle e il Veneto, salvo sorprese, dovrebbe figurare tra i primi della classe.
Il Mattino di Padova – 7 novembre 2013