I dati nel conto annuale 2017 che rileva un incremento di quasi 3.700 lavoratori precari rispetto al 2016. Nella sanità pubblica lavora il 13,3% di tutti i precari della Pubblica amministrazione. Il maggior numero di precari a tempo determinato tra gli infermieri che superano le 13.500 unità, seguiti dai medici con 9.342 contratti a tempo determinato. Anche per i veterinari si registra una tendenza all’aumento dei tempi determinati. E le stabilizzazioni sono in calo.
Precari in aumento del 9% nel Servizio sanitario nazionale nel 2017 rispetto al 2016 (un trend rilevabile anche agli anni precedenti a partire dal 2013 in poi, dopo la flessione registrata tra il 2008 e il 2012): e in un solo anno si è passati dai 41.402 “contratti flessibili” come li definisce il Conto annuale della Ragioneria generale dello Stato, ai 45.088 del 2017.
Attualmente, secondo il Conto annuale, gli enti del Servizio sanitario nazionale assorbono il 13,3% di tutti i precari della Pubblica amministrazione.
E solo negli enti del Servizio sanitario nazionale si osserva negli anni una leggera tendenza all’aumento del rapporto di lavoro precario rispetto a quello a tempo indeterminato, che nell’ultimo anno ha raggiunto il valore massimo del 7 per cento.
Il personale flessibile considerato nella rilevazione del Conto annuale è formato da: personale a tempo determinato, lavoratori socialmente utili e di pubblica utilità (LSU/LPU), dipendenti con contratto di formazione e lavoro, lavoratori con contratto di somministrazione di lavoro (ex interinali). Tipologie di lavoro che non sempre, come spiega la stessa Ragioneria generale dello Stato, determinano la nascita di un rapporto di dipendenza con la persona titolare del contratto. Infatti, se con i contratti a tempo determinato e quelli di formazione e lavoro si instaura un rapporto di lavoro fra la pubblica amministrazione e lavoratore, con i lavoratori ex interinali e con i lavoratori socialmente utili e di pubblica utilità, invece, questo rapporto viene a mancare.