FilippoTosatto. Rigorista ma non troppo. Anzi, lesta a prestare orecchio al malcontento del territorio, prodigo di consensi verso Luca Zaia ma pronto a castigarne le eventuali scelte impopolari. Cosi la maggioranza a trazione leghista riscrive la riforma della sanità presentata dal governatore in campagna elettorale e lo fa alla luce dei dissensi che – a vario titolo – sindaci, imprenditori, associazioni di categoria, sindacati e professionisti hanno espresso nel corso delle audizioni in commissione sanità.
Il colpo di scena ha la veste di un maxi-emendamento firmato dai capigruppo Silvia Rizzotto (Lista Zaia), Nicola Finco (Lega), Massimiliano Barison (Forza Italia), Sergio Berlato (Fratelli d’Italia) e Antonio Guadagnini (Indipendenza Noi Veneto). Che modifica punti essenziali del testo originario, a cominciare dalla governance di Azienda Zero, la nuova centrale destinata ad ac centrare spesa, gestione del personale, contenziosi legali, mansioni tecniche e assicurative; insomma, di tutte le attività extrasanitarie fin qui in carico alle Ulss, con duplicati e costi impropri; la capeggerà un direttore generale nominato dal governatore ma non si tratterà di un dominus dall’autorità illimitata: a bilanciarne i poteri sarà il dirigente regionale della sanità dotato di un servizio ispettivo; questa figura, inizialmente cancellata, ora rispunta et pour cause.
La novità non è di poco conto, chissà se basterà a placare i timori della politica e le rivalità dei top manager di Palazzo Balbi. Altri ritocchi investono la riesumazione del direttore dei servizi sociali: depennato dall’organigramma, ripescato a furor di popolo; un po’ tutti gli amministratori interpellati, l’hanno giudicato indispensabile, pena la marginalizzazione dei servizi sociali. Ancora, si ribadisce che il ruolo di programmazione sanitaria è in capo alla Giunta e al Consiglio – cioè alla politica, prerogativa caldeggiata da tutti i gruppi mentre alle conferenze dei sindaci (timorose di un’esclusione dai processi decisionali) è garantito il ruolo fin qui svolto: si esprimeranno sulle scelte dei dg che coinvolgono il loro territorio e ogni bacino delle 21 Ulss attuali – destinate a fondersi in 7 unità su base provinciale mentre i distretti di base resteranno inalterati – sarà rappresentato da un amministratore locale.
«Abbiamo ascoltato la voce dei cittadini, queste correzioni mirano a migliorare una riforma che renderà più snelle le Uiss, consentendo risparmi per 40 milioni senza intaccare le prestazioni, che anzi vogliamo ottimizzare», il commento di Nicola Finco, speaker leghista.
Scettica l’opposizione: «Modifiche gravemente insufficienti, ulteriore confusione», sbotta il consigliere del Pd Claudio Sinigaglia «viene ripristinato il direttore dell’area socio-sanitaria che entrerà in conflitto con il direttore dell’Azienda Zero e quest’ultima, aldilà dei cambiamenti di facciata, sostanzialmente governerà le altre Uiss, più che essere al loro servizio, un carrozzone insomma». «La riforma di Zaia somiglia sempre più allo Yeti», rincara Jacopo Berti, capogruppo del M55 «tutti ne parlano, nessuno l’hai mai visto, siamo stati informati della sua esistenza con una mail a seduta conclusa. La Lega nasconde fino all’ultimo aiveneti il loro destino, quello della loro sanità e dei loro soldi».
Un calcio al rigore si diceva. perché la commissione sanità ha corretto le schede ospedaliere riguardanti il Veneto Orientale, cancellando la prevista fusione dei reparti e assegnando una chirurgia h 24 (priva però di rianimazione) a San Dona e una pediatria con punto nascita a Portogruaro: «Era un’istanza forte del territorio che non abbiamo voluto ignorare», fa sapere il presidente Fabrizio Boron «non si tratta di un precedente valido per tutte le situazioni, qui c’era in ballo la peculiarità di un’area di confine che sconta una fuga di pazienti verso il vicino Friuli, con costi a carico del sistema véneto stimati in una cinquantina di milioni l’anno».
Il Mattino di Padova – 28 ottobre 2015