di Roberto Turno. È ancora una volta muro contro muro tra regioni e Governo sui tagli ad asl e ospedali. «Nessuno vuole tagliare la sanità, ma nessuno vuole gli sprechi», è stata la smentita-non smentita fatta filtrare ieri da Palazzo Chigi dopo le indiscrezioni su un possibile colpo di forbici del Governo alla spesa sanitaria da 3-4 miliardi per far cassa con la maxi-spending da 20 miliardi messa in cantiere per il 2015. Un’ipotesi che ha fatto subito scattare i governatori, col renziano Sergio Chiamparino a mettere in guardia dalla mattina: «Col governo abbiamo siglato in agosto un patto d’onore sulla sanità: se si rompe, viene meno il rapporto di fiducia e collaborazione». Un altolà fatto proprio da tutti i governatori. Un fronte compatto, per niente rassicurato dalla successiva precisazione – la smentita-non smentita – di Palazzo Chigi.
«Ne prendo atto con soddisfazione – il commento di Chiamparino – ma se si vuole ridurre il fondo sanitario, saremmo assolutamente contrari».
Perché Economia e Ragioneria, sotto la supervisione di Palazzo Chigi che dovrà prendere la decisione politica fiale, da tempo guardano con attenzione ai risparmi possibili su beni e servizi, appalti, centrali uniche d’acquisto, farmaci, ospedali e sprechi vari nel Ssn per far salire la dote della spending 2015. Riducendo il fondo sanitario 2015 da 112 miliardi con la parola d’ordine «non tagliamo i servizi, ma i loro costi».
I tagli alla spesa improduttiva sono del resto un leit motiv che Renzi ripete da tempo. Niente di sorprendente, in questo senso, nelle intenzioni del governo. Sebbene Beatrice Lorenzin ripeta che «altri tagli sarebbero insostenibili: la nostra spending è il Patto», che porterebbe fino a 10 miliardi di risparmi in tre anni. Il nodo, infatti, è proprio il Patto. Che da una parte prevede di lasciare i risparmi nel Ssn per dare fiato agli investimenti; dall’altra dispone che per «obiettivi di finanza pubblica e variazioni del quadro macroeconomico» – come sta accadendo – il Governo possa tagliare il fondo. Fatto sta che, tagliando il fondo sanitario, Governo e regioni dovrebbero riscrivere il «Patto». Fermando di fatto le lancette del cambiamento: dai tagli degli ospedali ai farmaci, dai medici di famiglia tuttofare alla sanità digitale fino al personale. Addio cure di efficienza.
E i governatori fanno scudo: sarebbe «una sciagura», dice il laziale Nicola Zingaretti; «si tocchino piuttosto le pensioni d’oro», ribatte il toscano Enrico Rossi; «da noi sarebbe la rivolta», minaccia il veneto Luca Zaia; «si rischia l’aumento dei ticket», rincara il lombardo Massimo Garavaglia; «i patti si rispettano», conferma il campano Stefano Caldoro. Mentre l’ex segre tario Pd, Pierluigi Bersani, manda a dire a Renzi: «Il Pd non può tradire su welfare e sanità». Sulle barricate anche la Cgil.
Si annunciano insomma giornate di passione. La prossima settimana Renzi vedrà i ministri per valutare le loro proposte. Lorenzin terrà ferma la barra del Patto, ma sa bene che il peggioramento dei conti e il pressing della Ue potrebbero lasciare scarse alternative “salvafondi”. E a quel punto Renzi dovrà vedersela con i governatori. La ministra intanto chiederà alle regioni di accelerare il cronoprogramma del Patto, sempreché siano d’accordo. E prepara un taglio del 3% alla dotazione del suo ministero: 40 milioni di risparmi, poca roba per l’Economia. Col risultato che, tolte le spese fisse, le forbici scatterebbero su ricerca scientifica, controlli negli aeroporti e nei porti, ispezioni agroalimentari. Non esattamente tagli di qualità. (Il Sole 24 Ore)
Ipotesi è reperire 3-4 miliardi da nuovi ticket, centrali uniche d’acquisto e ospedali
di Michele Di Branco. Governo e regioni ai ferri corti sui tagli alla sanità. Per tutta la giornata di ieri i governatori hanno alzato un muro contro l’ipotesi di una riduzione della spesa di 3 miliardi di euro. Ad aprire il fuoco, in mattinata, Sergio Chiamparino. «Con il governo – ha ricordato il presidente della conferenza delle regioni – abbiamo siglato in agosto un patto d’onore: se si rompe viene meno il rapporto di fiducia e collaborazione».
Un avvertimento al quale l’ex sindaco di Torino ha fatto seguire un ragionamento più articolato. «Con il governo – ha ricordato Chiamparino – abbiamo firmato un Patto per la salute che ci ha impegnato, entro il 31 dicembre, a scrivere piani di riordino dei servizi sanitari e ha previsto un fondo da 109 miliardi di euro, con un aumento di circa 2 miliardi e mezzo in più l’anno in più per il 2015 e il 2016 per finanziare il servizio sanitario nazionale». In poche parole i sacrifici previsti nella spending review, a giudizio dei governatori, violerebbero gli accordi stipulati appena un mese fa. Di fronte alla protesta («quello del governo è un atto di guerra») ha attaccato il presidente della Lombardia Roberto Maroni)seguito a ruota dal presidente del Lazio Luca Zingaretti («i tagli? Sciagura inenarrabile»), Palazzo Chigi ha tentato di ridimensionare il caso. «Nessuno vuole tagliare la sanità – hanno rassicurato fonti vicine a Matteo Renzi – ma nessuno vuole gli sprechi».
QUESTIONE APERTA
Una precisazione accolta «con soddisfazione» da Chiamparino. Ma evidentemente insufficiente a chiudere la questione perchè il governatore del Piemonte ha avvertito che «un conto è che si dice che bisogna risparmiare nella sanità attraverso la riorganizzazione e modernizzazione, un altro è ridurre il fondo. In quel caso ci opporremo». Il governatore del Veneto Luca Zaia, dopo aver promesso battaglia, ha fatto sapere: «Prendiamo atto della puntualizzazione del governo e del fatto che si andrà dunque a tagliare la spesa dove le forniture costano dal 100 al 600 per cento in più che nel Veneto. Il metodo per farlo è comunque estremamente semplice: applicare i costi standard prendendo le Regioni virtuose come base del calcolo.
Attendiamo fatti e non tweet, comunque vigileremo, fidandoci notoriamente poco degli annunci di questo governo». Il rispetto dei patti è stato invocato anche dal presidente della Campania Stefano Caldoro che ha comunque ricordato che i governatori «sono pronti ad affrontare tutti i discorsi e gli impegni che sono stati presi sull’efficienza».«Se si devono trovare risorse – ha incalzato il presidente della Toscana Enrico Rossi – è bene cercarle nelle pensioni sopra tremila euro, una cifra alta e più che sufficiente per vivere, soprattutto in un Paese dove la sanità è pubblica». Sul fronte sindacale, levata di scudi dalla Cgil. «Aggiungere ai 30 miliardi di tagli già effettuati negli scorsi anni sulla sanità un ulteriore 3% è assolutamente insostenibile. Una scelta di questo tipo equivarrebbe alla decisione di non assicurare più i livelli essenziali di assistenza» hanno protestato Vera Lamonica, segretario confederale e Stefano Cecconi, responsabile della Salute. «Gli sprechi – hanno proseguito da Corso Italia – ci sono e vanno combattuti con decisione.
E le risorse recuperate vanno restituite ai cittadini, con più servizi e meno ticket». L’ipotesi tagli, intanto, ha prodotto diffuso malumore nel Pd. «Noi – ha avvertito l’ex segretario Pier Luigi Bersani seguito da molto esponenti del partito – non possiamo tradire il welfare e l’universalismo della sanità. Possiamo rendere più efficiente il sistema, ma certo non tagliare i servizi». (Il Messaggero)
12 settembre 2014