Incidenti sul lavoro, diagnosi sbagliate, malattie prevenibili ma intercettate troppo tardi. Le morti premature non sono solo tragedie per chi resta ma da tempo, tutte insieme, vengono utilizzate per valutare la qualità del sistema sanitario e più in generale del welfare. L’indicatore si chiama “mortalità evitabile” e permette anche di mettere in riga, dalla migliore alla peggiore, le regioni e le province italiane in base all’assistenza che danno ai propri cittadini. In cima alla classifica delle città c’è Treviso e in generale in alto nell graduatorie si incontrano realtà del Centro-Nord e in basso del Sud ma non mancano eccezioni.
A elaborare il rapporto 2017 Mev( i) – Mortalità evitabile ( con intelligenza) è il gruppo di Nebo ricerche, che elabora dai dati dell’Istat e segue anche criteri indicati Eurostat. Le Regioni dove cioè ci sono meno casi di morti evitabili, sono Marche per i maschi, e Veneto per le femmine. La provincia migliore è quella di Treviso. «Nel 2014 – è scritto nella ricerca – sono state circa 103mila le morti evitabili avvenute entro i primi 75 anni di vita in Italia» su un totale di circa 600mila. «Due terzi sono state maschili e il restante terzo femminili».
La mortalità evitabile viene calcolata prendendo in considerazione i decessi che potevano essere appunto rimandati, intanto grazie a interventi di prevenzione primaria, cioè ad esempio seguendo le regole antinfortunistiche sul lavoro, oppure riducendo il fumo e il consumo di alcolici, facendo una dieta equilibrata e svolgendo attività fisica. Inoltre per costruire l’indicatore si valuta la capacità di diagnosi tempestiva e di cure appropriate (ad esempio screening e terapie oncologiche), mentre il terzo fattore adoperato riguarda la qualità dell’assistenza, come ad esempio quella ai malati cronici. Alla fine si sommano gli anni di vita persi rispetto a quelli attesi in tutti i casi di morte evitabile, si convertono in giorni e il risultato viene diviso per tutti gli abitanti dell’area presa in considerazione, provincia o regione che sia. Si arriva così a sapere quanti giorni perde in media ogni cittadino all’anno a causa di questi decessi.
Per fare un esempio, nelle Marche il dato è di 21,34 per quanto riguarda i maschi, in Campania, l’ultima in classifica di 29,24. Ma non sono tanto i valori numerici a rendere interessante l’indicatore, tanto la capacità che questo ha di rivelare la qualità dei sistemi sanitari. Come si diceva, le Marche sono in testa per i maschi seguite da Trentino, Veneto, Toscana e Emilia. In fondo alla classifica, in ordine discendente, ci stanno Val d’Aosta, Sicilia, Calabria, Sardegna e appunto Campania. Per le femmine, in testa ci sono Veneto, Trentino, Marche, Toscana e Umbria e in fondo Friuli, Lazio, Val d’Aosta, Sicilia Campania. «Non ha senso mescolare i dati di maschi e femmine spiegano da Nebo ricerche – perché ci sono troppe differenze, anche dal punto di vista epidemiologico. Tenerli insieme vorrebbe dire unire dati non omogenei».
Per quanto riguarda le 110 province italiane, per i maschi la migliore è Treviso con 19,65 giorni persi l’anno per la mortalità evitabile, seguita da Firenze, Ascoli, Rimini e Fermo. In fondo alla classifica ci sono Enna, Caserta, Medio Campidano, Nuoro e Napoli, dove il dato arriva a 30,79 giorni. Tra le donne eccelle ancora una volta Treviso (10,67 giorni), seguita da Prato, Vicenza, Ascoli e Arezzo. In fondo alla classifica, Siracusa, Caltanissetta, Caserta, Enna e Napoli (con 18,68). I ricercatori hanno fatto anche una classifica delle quattordici province diventate da quest’anno aree metropolitane, che vede in testa sia tra i maschi che tra le femmine Firenze, seguita da Milano. «Guardando i dati raccolti a partire dal 2009 – dicono sempre da Nebo ricerche – si può notare come quasi ovuque la mortalità evitabile maschile, e in particolare quella contrastabile con interventi di prevenzione primaria, sia in diminuzione, mentre risultano più eterogenei gli andamenti delle altre tipologie e del genere femminile».
Repubblica – 14 febbraio 2017