Entro stasera il ddl Stabilità sarà legge: la Camera approverà senza modifiche il testo uscito dal Senato e così anche i tecnici avranno fatto la loro Finanziaria vecchio stile.
Certo, i 554 commi del maxi-emendamento di Monti e Grilli sono roba da dilettanti rispetto ai 1.600 e passa di Prodi e Padoa Schioppa, però se alle dimensioni si aggiungono pure tutte le mancette elettorali che vi abbiamo raccontato ieri (bicentenari verdiani, turismo in Basilicata, maestri di sci e via dicendo) non si può non avvertire l’atmosfera dei bei tempi andati. Al di là del colore (o del folclore) parlamentare, però, questa approvazione significa che diventa legge anche il bilancio dello Stato per i prossimi tre anni. Tutte quelle cifre, ovviamente, riflettono la crisi di rigetto dell’eurozona in generale e italiana in particolare, ma negli ultimi giorni sono due i settori su cui si lanciano allarmi altissimi, probabilmente un po’ troppo in ritardo per essere credibili. Stiamo parlando del Servizio sanitario nazionale e dell’università, campi dove, curiosamente, l’impoverimento del settore pubblico convive con l’aumento dei finanziamenti al privato. Sanità. Le regioni hanno lanciato un nuovo allarme e chiesto un incontro a breve col governo (che, comunque, non può fare più niente): tra Berlusconi e Monti, dice Vasco Errani, si parla di tagli per 30 miliardi al 2015 e questo rende il Ssn “non sostenibile”. Curiosamente le stesse parole usate da Monti qualche settimana fa. Secondo i numeri forniti dallo stesso ministro della Salute Balduzzi, il complesso delle manovre dal 2010 a oggi genererà un “definanziamento” del Servizio sanitario per 4,9 miliardi nel 2013 e per altri 8 nel 2014 (con una perdita a regime di 7.300 posti letto). Lo stanziamento complessivo per l’anno prossimo dovrebbe dunque ammontare a 106 miliardi di euro, con una incidenza sul Pil in aumento (visto che il prodotto crolla di due punti e mezzo), ma comunque inferiore alla media europea. I fondi non diminuiscono, dice Balduzzi, perché sono più o meno gli stessi del 2010, ma il ministro falsa la realtà: come sa chiunque non abbia avuto aumenti di stipendio per qualche anno, questo significa che i fondi diminuiscono perché non viene recuperato l’aumento dell’inflazione. Nel ddl stabilità ci sono invece 52,5 milioni per i “policlinici universitari non statali”, più altri 12,5 milioni destinati direttamente al Bambin Gesù di Roma e cinque al Gaslini di Genova. Spiccioli, si dirà, ma utili a mandare un segnale. Università. A tempo scaduto, e ancora ieri, il ministro dell’Istruzione Profumo s’è ricordato che il nuovo taglio da 300 milioni al Fondo di finanziamento degli atenei italiani rischia di mandarli in default: “I partiti devono salvare l’università italiana”, ha detto, forse dimenticando il ruolo che occupa da oltre un anno. I tagli, in realtà, sono quelli di Tremonti e Gel-mini, ma la bomba esplode solo adesso perché finora s’era sempre trovato qualche soldo extra anno per anno. Secondo Flc Cgil, per capirci, i finanziamenti alle università pubbliche sono passati da 7,4 miliardi nel 2008 a 6,4 nel 2013, un taglio di quasi il 13% cui andrebbero aggiunti almeno quelli a borse di studio ed edilizia. Nonostante questo sfacelo, Monti e Profumo hanno trovato il modo di aumentare di dieci milioni i fondi alle “università non statali” (quasi 90 milioni in tutto) e di reintegrare parte dei fondi che lo Stato versa alle scuole private con 223 milioni di euro. E in questo caso non si tratta nemmeno di spiccioli rispetto al fabbisogno.
Il Fatto quotidiano – 21 dicembre 2012