Dopo l’emergenza Covid resta aperto il tema della sostenibilità della sanità pubblica, indebolita dalla scarsità di risorse, pressata dal costante invecchiamento della popolazione e minata da una cattiva programmazione della formazione delle professioni mediche
Oggi, dopo la grande emergenza sanitaria, è più che mai vivo il tema della sostenibilità della sanità pubblica, indebolita dalla scarsità di risorse economiche, pressata dal costante invecchiamento della popolazione e minata, per il futuro, da una cattiva programmazione della formazione delle professioni mediche. Nel 2022 la spesa sanitaria pubblica si è attestata a 131 miliardi (6,8% del Pil), la spesa a carico dei cittadini a circa 39 miliardi (2% del Pil). Si tratta di un’allocazione di risorse inferiore a quella che si registra nella media UE-27, sia in termini di valore pro capite (2.609 euro contro 3.269 euro) che in rapporto al Pil (9,6% contro 10,9%).
Tra vent’anni gli over 65 saranno il 30% degli italiani
La demografia del nostro Paese mette in luce che la popolazione di età 65 anni ed oltre ammonta a 14 milioni (il 23,9% della popolazione), il collettivo dei così detti “giovani anziani” (65-74 anni) ammonta a oltre 6,8 milioni (l’11,7% della popolazione), gli “anziani” (75-84 anni) sono oltre 4,9 milioni (l’8,4% della popolazione). Nel 2021, il tasso di fecondità è pari a 1,25 figli per donna (italiane 1,18, straniere 1,87 figli per donna), a fronte di un tasso di sostituzione pari a 2,1 figli per donna. Per effetto di queste dinamiche, nel 2035 avremo oltre 19 milioni ultra sessantacinquenni (30,2%) e una popolazione complessiva di circa 55 milioni, circa 4 milioni in meno del 2022. Dallo scenario che si prospetta, le stime del Mef prevedono, per il 2035, una spesa sanitaria pubblica totale di circa 145 miliardi.
Per altri 10 anni alle prese con carenza di medici e infermieri
L’altro elemento critico per la sostenibilità della sanità pubblica è rappresentato dalla futura carenza di personale sanitario, infatti anche la demografia di questa categoria testimonia che l’età media dei lavoratori è molto alta. In particolare, il personale dipendente del Ssn è composto prevalentemente da persone di età compresa tra i 40-59 anni (64,9%), la quota di quelli di età superiore ai 60 anni (15,8%). Il 27,9% dei medici e il 39,3% del personale infermieristico del Ssn ha un’età compresa tra i 50 e i 59 anni. Riguardo alla formazione medica, tra il 2013 e il 2021, c’è stata una diminuzione media annua dell’1,4% di medici di medicina generale e dell’1% di chirurghi e pediatri. Con questi dati, sappiamo già oggi che per il futuro avremo una significativa carenza di medici e infermieri, in particolare di alcune specializzazioni e, considerando che per la formazione di un medico specialista ci vogliono almeno 10 anni, si dovranno trovare con urgenze delle soluzioni, probabilmente importando professionisti dall’estero.Queste evidenze emergono dal XX Rapporto Osservasalute 2022, curato dall’Osservatorio Nazionale sulla Salute nelle Regioni Italiane che opera nell’ambito di Vihtali, spin off dell’Università Cattolica, a Roma.
Diminuisce la mortalità precoce ma la prevenzione va piano
Di fronte a queste problematiche è necessario trovare soluzioni affinché non venga dissipato tutto il lavoro fatto nel passato dal nostro Servizio sanitario nazionale, al quale si deve riconosce che continua a migliorare in termini di esiti di salute. La mortalità precoce, cioè i decessi nella fascia di età 30-69 anni, per tumori maligni, diabete mellito, malattie cardiovascolari e malattie respiratorie croniche, sono diminuiti significativamente negli ultimi 10 anni. Così come è diminuita la mortalità evitabile riconducibile ai servizi sanitari, la quale negli ultimi 5 anni si è ridotta del 2,4%. Uno degli strumenti più efficaci per contrastare l’aumento della cronicità è la prevenzione, i dati testimoniano che, laddove l’adesione alle campagne di screening oncologico è più diffusa, la mortalità per i tumori prevenibili è significativamente diminuita. Purtroppo, questa pratica non accenna a migliorare, le percentuali di persone che si sottopongono a screening, mediamente, non arrivano al 50% delle popolazioni target. In diminuzione anche la copertura vaccinale che non raggiunge mai gli obiettivi stabiliti dal Pnpv (Piano nazionale prevenzione vaccinale).
Cruciale la riorganizzazione dell’assistenza territoriale
Queste evidenze suggeriscono la necessità di una riorganizzazione dell’assistenza territoriale, migliorando l’efficacia dei programmi di prevenzione e potenziando la capacità di presa in carico dei pazienti cronici. Questa è la strategia che si sta perseguendo per il futuro, anche grazie ai finanziamenti del Pnrr. Gli interventi sono finalizzati a riorganizzare e modernizzare il sistema, puntando sulla digitalizzazione, sulla medicina a distanza, favorendo lo scambio di informazioni sul paziente tra i professionisti del settore. Tutto questo avrà bisogno, però, di un’attenta progettazione e investimenti che permettano un impiego adeguato di risorse, economiche e di personale. Le premesse non sono di buon auspicio, visto che il Def prevede una spesa per il 2023 di 136 miliardi (6,7% del Pil), nel 2025 di 135 miliardi e per il 2026 di 138 miliardi.
Il Sole 24 Ore