Carenza di medici specializzati, ospedali fuori standard e eccessiva responsabilità scaricata sul singolo medico in caso di evento avverso. Queste le priorità individuate dai sindacati dei medici nei documenti consegnati a Palazzo Ferro Fini dove è iniziata la tre giorni di audizioni del Piano sociosanitario regionale. Ieri in commissione è stata la volta di sindacati (Usb, Uil, Cimo, Anaao, Snami), ordini professionali e rettori delle Università di Padova e Verona. Depositate le osservazioni in vista del dibattito consiliare sul progetto di legge presentato dalla giunta che vuole disegnare il futuro della sanità veneta dal 2019 al 2023.
LE OSSERVAZIONI. La posizione più dura è quella di Anaao-Assomed, il sindacato che raccoglie il maggior numero di medici dirigenti e che nel proprio documento parla di piano «non sostenibile per la mancanza di personale sanitario, in particolare di medici specialisti». Presa di mira anche la rete ospedaliera, con riferimento al decreto ministeriale 70 del 2015 che ne stabilisce caratteristiche e standard. Secondo il sindacato dei medici ospedalieri dei 68 ospedali veneti, di cui 51 generali, 20 non avrebbero i requisiti e 10 sarebbero borderline. Requisiti che «devono essere posseduti dal singolo stabilimento» cita il documento «mentre la Regione Veneto considera presidio l’insieme degli stabilimenti ospedalieri presenti in ciascuna azienda». Una scelta per il segretario Veneto di Anaao Adriano Benazzato «dettata da logiche di compiacenza politica nei riguardi dei campanili». Infine il sindacato contesta come nella bozza di piano «traspare una maggiore enfasi nei riguardi della responsabilità professionale individuale per l’evento avverso e non delle condizioni organizzative che lo hanno favorito». Quindi qualora qualcosa non vada a buon fine la colpa è imputabile a errori professionali. «Invece nel 66% dei casi – conclude Benazzato citando la legge 24 del 2017 – l’errore non è del singolo, ma è riconducibile a un errore di tipo programmatorio e organizzativo».
NUMERI. Pochi medici anche per il sindacato Cimo che nel proprio documento ha una posizione più propositiva e di collaborazione con le università. Fermo restando che gli attuali 8450 medici dipendenti del sistema ospedaliero veneto non sono sufficienti. Nel documento consegnato ieri alla Regione «si propone l’allargamento dei rapporti di convenzione tra reparti ospedalieri ed università di Padova e Verona» per quanto riguarda la formazione clinica degli specializzandi seguendo un principio di rotazione. «Ormai la priorità è la risoluzione della carenza di medici specializzati», spiega Giovanni Leoni ieri in audizione nella tripla veste di segretario regionale di Cimo, presidente dell’Ordine dei medici di Venezia e vice-presidente della federazione nazionale degli ordini Fnomceo. Ed è proprio in quest’ultima veste che ha avanzato in ministero la proposta di aumentare i posti per le specializzazioni passando dagli attuali 6.700 a 9.000. «In Italia ci sono 10mila medici nel limbo – spiega Leoni – laureati in medicina che non sono riusciti ad accedere ad un corso di specializzazione». Sono invece stati sbloccati i posti destinati alla formazione in medicina generale che passano da 800 a 1.600 in Italia e in Veneto da 50 a 100. Per questo sono stati riaperti i bandi di concorso. «La mancanza di posti nelle specializzazioni è risaputa – conclude Leoni – ma è la politica che può sbloccare i finanziamenti». (Raffaella Ianuale)
IL GAZZETTINO – Martedì, 11 settembre 2018
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