E’ un capitolo urticante quello degli appalti socio-sanitari assegnati dalle Usl venete alle cooperative sociali. Sia per l’entità delle risorse in ballo – 758 milioni nell’ultimo anno – che per la molteplicità dei soggetti coinvolti: manager, imprese, lavoratori, forze politiche e sindacali, circuiti produttivi. L’ispezione condotta dalla Regione sul sistema di affidamento degli appalti ha rivelato «irregolarità e illegittimità» (così si legge nel rapporto conclusivo) riguardanti soprattutto la prassi diffusa della trattativa diretta anche in presenza di importi superiori ai 193 mila euro
Per i quali la legislazione prevede il bando di gara comunitaria, così da garantire una reale concorrenza di mercato.
Le resistenze al cambiamento non mancano, così come le pressioni di lobby e partiti più sensibili al calcolo elettorale che al rispetto delle regole nell’impiego dei fondi pubblici.
Ma c’è chi all’operazione-trasparenza crede davvero. E’ il caso di Leonardo Padrin, il presidente della commissione sanità di Palazzo ferro-Fini, cioè dell’organismo competente ai controlli in materia. Sul suo sito (www.leonardopadrin.com) l’esponente pidiellino ha pubblicato l’elenco completo degli appalti affidati alle singole aziende sanitarie alle coop sociali, corredato da modalità di assegnazione e valore di spesa: «Si tratta di contratti pubblici singolarmente noti ed è uno sguardo su un mondo di grande valore, sotto tutti i punti di vista», commenta. Perché – a dispetto di chi grida all’attentato contro la cooperazione e ai posti di lavoro minacciati – l’intento di Padrin e degli altri rappresentanti delle istituzioni che condividono questa campagna, non è certo quello di screditare le imprese sociali o di ridimensionarne il ruolo. Al contrario, è l’assunto, solo un ristabilimento delle regole e un rispetto della normativa può garantire la continuità del rapporto tra cooperazione e sanità, ritenuto – da tutti, stavolta – un patrimonio sociale e civile e da preservare. «La tenuta del sistema socio-sanitario del Veneto è legata anche al privato sociale», commenta in proposito Padrin. Che riassume così i termini della questione: «Nel Veneto, a seguito di una segnalazione dell’Autorità di Vigilanza, abbiamo eseguito un monitoraggio degli affidamenti effettuati dalle Usl alle cooperative sociali. Il risultato è stato sorprendente sia dal punto di vista quantitativo perché si tratta di 758 milioni di euro, sia qualitativo perché non esiste omogeneità nelle modalità di assegnazione». Qual è allora la via maestra da seguire? Leo Padrin indica quattro priorità: «Le persone, spesso fragili, che oggi usufruiscono dei servizi che queste cooperative erogano in nome e per conto del pubblico; i lavoratori, dipendenti e/o soci delle cooperative, impiegati in questo ambito, quasi sempre di elevata professionalità delle quali il sistema socio-sanitario ha bisogno; le piccole coop territoriali, espressione della comunità nella quale sono inserite; l’interesse della pubblica amministrazione di avere il migliore rapporto possibile fra qualità e prezzo». Di qui l’urgenza di una «armonizzazione» delle modalità di affidamento degli appalti», da attuare «senza equivoci o confusioni, senza sovrapposizioni con imprese e fondazioni, con associazioni di volontariato o Ipab. Senza penalizzazioni per la libertà d’impresa e la concorrenza. Con la concertazione di tutti i portatori di interesse».
Appalti coop: la Regione riscriva la bozza
Da Leo a Remo, da Remo a Leo. Il palleggio sulle cooperative sociali continua. Pare che l’assessore Remo Sernagiotto non riesca a prendere nessuna decisione senza la consulenza del presidente della V commissione Leo Padrin, con il quale ha steso la bozza di provvedimento che ha terremotato il settore. L’incontro di ieri è finito con un time-out: Sernagiotto ha chiesto di consultarsi con Padrin e con Domenico Mantoan, segretario regionale alla sanità e sociale, prima di ritirare la bozza come gli è stato chiesto. Così il palleggio è diventato una triangolazione. Le cooperative sociali nel Veneto sono 800, occupano 30.000 lavoratori, assistono circa un milione di persone, forniscono servizi dagli asili nido alle case di riposo passando per l’assistenza domiciliare, la disabilità, le tossicodipendenze. Tra i dipendenti ci sono 4.000 persone svantaggiate (disabili, detenuti, tossici) che nessuna impresa farebbe lavorare. La novità della bozza Sernagiotto-Padrin è che i servizi prestati in convenzione con gli enti pubblici, superiori ad un certo importo, devono essere messi in gara. Lo prevede l’Europa in una direttiva recepita dall’Italia. Peccato che la direttiva, che rinvia al codice degli appalti, preveda possibilità di deroghe per i servizi socio-sanitari, deroghe di cui l’assessore Sernagiotto ha dimenticato l’esistenza. L’accusa gli arriva da Loris Cervato, presidente della Lega delle cooperative, suo interlocutore all’incontro di ieri. Non è l’unica cosa che Sernagiotto ha dimenticato: la legge regionale 23/2006 ha istituito una commissione delle cooperative sociali come organo consultivo della giunta. Sernagiotto non l’ha mai convocata, nonostante le richieste. Deciso a dare una sterzata ai servizi sociali, pensava forse che gli venisse facile provenendo dal settore gomme. Ma dirigere un assessorato che confina con le disgrazie del mondo non è esattamente un’impresa redditizia come gestire un autoricambi (di cui peraltro Remo si è sbarazzato per essere più libero). La situazione adesso è esplosiva: le cooperative chiedono il ritiro della bozza e la sua riscrittura, alla quale vogliono partecipare. Sernagiotto non può perdere la faccia ed è il solo che rischia: Padrin siede in seconda fila e sul coinvolgimento di Domenico Mantoan a cose fatte è meglio non contare. Chissà cosa ne pensa Luca Zaia, che cita sempre la signora Maria per rapportarsi alle necessità dei veneti. (Renzo Mazzaro)
Codess, appalti per 90 milioni
VENEZIA Il nome più ricorrente nel rapporto sugli appalti sociosanitari assegnati dalle Usl alle cooperative sociali è quello della Codess di Padova, una dozzina di sedi in tutto il Paese. Da sola, o in rete con altre coop, ha ottenuto 13 appalti in 9 Usl venete per un importo che si aggira sui 90 milioni – compresi i lavori in “rete” tra coop – su un totale di quasi 759 milioni di euro per 583 affidamenti analizzati dal documento firmato dal dirigente del servizio ispettivo e di vigilanza Egidio Di Rienzo, sul mancato rispetto delle procedure di legge che stabiliscono in 193 mila euro la soglia massima per le trattative dirette tra committente e impresa sociale, prevedendo l’obbligo di bandire gare comunitarie in presenza di appalti di importo superiori. Non solo: 19 servizi – inclusi rinnovi e proroghe – su 23 risultano affidati sopra la soglia comunitaria. Un esempio macroscopico, ma non l’unico, di un sistema di deregulation che in Veneto è divenuto onerosa regola, fino a schiantarsi sul richiamo dell’autorità di vigilanza che, a sua volta, ha generato la reazione della Regione culminata con il rapporto di Di Rienzo e che ora vira in direzione di una svolta netta. Che non sarà per nulla indolore. Mentre rimbalzano le accuse, alla Regione che avrebbe dato vita a una gestione “elastica”, ai direttori generali, che in qualche caso potrebbero aver ceduto alla tentazione di favorire questo o quello – anche solo per qualità del servizio –, fino alle imprese sociali più grosse che, soffia qualcuno, in questo sistema, avrebbero trovato terreno fertile per utilizzare – e sfruttare – le piccole nelle grandi commesse. Insomma, ognuno dal suo punto di vista, dalla propria particolare posizione, scaglia la sua pietra. A questo punto, armata la rivoluzione, non si può più arretrare. Per questo oggi – dopo un summit disposto in fretta e furia sabato, per un primo confronto – i rappresentanti delle cooperative incontreranno l’assessore Sernagiotto: «Vogliamo capire se è possibile ritirare il provvedimento – spiega Loris Cervato responsabile del settore sociale di Legacoop Veneto – dopodiché chiederemo che la commissione regionale di settore venga coinvolta al tavolo, visto che siamo stati gli unici a non essere interessati». Tra le richieste delle coop, l’introduzione di una procedura semplificata, con il coinvolgimento di 5 imprese sociali, per importi compresi tra i 2 e i 300 mila euro; la concessione di immobili e servizi, per almeno 15 anni, come risarcimento del rischio imprenditoriale e l’accreditamento, ovvero l’acquisto da parte dell’ente pubblico di servizi a standard di qualità garantiti e tariffe contrattate. Che in passato ci sia stato qualche affidamento poco chiaro, del resto, lo conferma lo stesso Cervato: «C’è stata una gara da 15 milioni in cui erano state invitate solo le Ipab. A quel punto le cooperative sociali sono intervenute chiedendo spiegazioni – rivela – questo è sempre stato l’atteggiamento diffuso, di prediligere la via dialettica del chiarimento, piuttosto che del ricorso davanti al giudice amministrativo». L’impressione, è che in un mare così pescoso, alla fine ciascuno riuscisse a riempire il proprio retino. «Lo scopo della bozza di delibera su cui sono state chieste osservazioni alle parti, comprese le cooperative – spiega il presidente della quinta commissione Leonardo Padrin (Pdl) – è di guardare al futuro e creare omogeneità». Di diverso avviso Claudio Sinigaglia (Pd): «Le cooperative non c’entrano. E colpa del legislatore che ha previsto delle deroghe che i dg hanno applicato a loro volta. Non metterei la mano sul fuoco che qui non ci sia stato un 2-3% di furbizia, ma non si può, per questo, mandare a monte il sistema. Le coop più colpite saranno le più piccole, i Ceod costruiti dai familiari. Come faranno ad andare in gara?». Suggerisce Antonino Pipitone (Idv): «I dg devono fare una relazione per dirci cosa hanno fatto le coop, se lo hanno fatto
Il Mattino di Padova – La Nuova Venezia – La Tribuna di Treviso – 25 novembre 2011