«La sanità privata non è un nemico. Che l’erogatore sia pubblico o no, non importa. Quello che conta è il servizio ai cittadini, se il servizio funziona o meno. Se c’è qualità, se rientra nei parametri che ogni servizio per la salute deve avere in tutta Italia, se ci sono regole certe, i controlli e la valutazione. Per qualsiasi struttura. Il Governo sta cercando di lavorare in questa direzione».
Al festeggiamento romano dei 50 anni di Aiop, l’associazione aderente a Confindustria delle 509 case di cura private accreditate col Servizio sanitario nazionale, Beatrice Lorenzin ministro della Salute, tesse l’elogio della par condicio in sanità tra pubblico e privato. Nel segno dell’ «integrazione e della sussidiarietà», tiene a precisare, indicando una rotta per le cure sotto l’ombrello dello Stato che dovrebbe aprire con più forza al mercato. Ma con la tutela e il controllo pubblici, è chiaro.
Un’aperta netta, quella di Lorenzin, che non vuole essere una stroncatura del servizio pubblico. Ma il riconoscimento sempre più deciso a quel «pluralismo degli erogatori», che per Aiop, appena compiuti 50 anni, significa guardare con più certezze al futuro. «Vogliamo essere sempre più presenti, investire su questa prospettiva», assicura il presidente Gabriele Pelissero, nel tessere a sua volta le lodi di un Governo che «per la prima volta quest’anno con la legge di stabilità non ha tagliato la sanità e ha introdotto regole innovative e coraggiose».
Anche se tutto questo non basta ancora alle case di cura private. Non a caso Pelissero ha denunciato «la presenza di una predominante componente di erogatori pubblici inefficienti e autoreferenziali». Una «spesa improduttiva» negli ospedalipubblici che Aiop stima tra i 5 e i 10 miliardi. Più o meno il 4-9% dell’intera spesa sanitaria pubblica. «Oggi più che mai – ha spiegato Pelissero – sono indispensabili efficienza e competitività, con un autentico pluralismo di erogatori basato sulla libera scelta del luogo di cura e un reale pagamento a prestazione».
Pari opportunità, piena concorrenza, pluralismo. Questa la strada che le case di cura private vogliono allargare. Un terreno che per Lorenzin rappresenta una sfida aperta. Ma con tutte le garanzie del caso, senza per questo buttare via quanto, e non è poco, funziona nella sanità pubblica. «Stiamo parlando di una rete di strutture che rappresenta il 40% di tutti gli ospedali italiani e il 30% dei posti letto. Che in questi anni hanno innovato tantissimo», ha riconosciuto la ministra.
In cinquant’anni di vita, del resto, la rete delle case di cura private s’è estesa in maniera significativa, in ogni caso a sua volta all’interno di una rete pubblica che garantisce tutte le prestazioni, anche quelle su cui il privato accreditato è spesso meno capillare. Stiamo parlando peraltro di ben 52.780 posti letto, di 12mila medici ma anche di 26mila infermieri e di altri 32mila operatori “di supporto”. Nel complesso di una copertura pari al 25% di tutte le prestazioni sanitarie pubbliche erogate in un anno. «E costiamo soltanto il 15% della spesa sanitaria nel suo complesso», non ha rinunciato a sottolineare Pelissero.
Roberto Turno – Il Sole 24 Ore sanità – 25 maggio 2016