L’Italia della sanità è sempre più un’Italia a due velocità. E la spending review, alla vigilia di una settimana che si preannuncia cruciale, fa emergere questa caratteristica. Il 40% delle perdite al Sud
L’azienda sanitaria nazionale infatti ha registrato indubbiamente dei progressi lo scorso anno ma la mappa a livello regionale registra forti squilibri: dall’assistenza agli anziani ai Pronto soccorso iper-affollati e presi d’assalto, le regioni non sono tutte uguali. C’è chi ha intrapreso cammini virtuosi e chi è ancora molto indietro. E a pagarne le conseguenze sono inevitabilmente i cittadini. Soprattutto di questo, dunque, dovranno discutere nei prossimi giorni il ministro della Salute Renato Balduzzi, che ha presentato il suo piano di lacrime e sangue per spingere l’efficienza della sanità pubblica e privata, e le Regioni che lanciano l’allarme sulla difficoltà di erogare servizi adeguati ai cittadini. Chi ha ragione? Chi ha torto?
Il Fondo nazionale. Complessivamente, in base ai dati del ministero della Salute passati al setaccio dalle Corte dei Conti, lo scorso anno le cose sono andate meglio del previsto: la spesa sanitaria è stata superiore ai 112 miliardi, con un disavanzo complessivo nazionale di 1,779 miliardi di cui 1,610 a carico delle Regioni. E’ l’1,3% in più del 2010, il livello più basso degli ultimi anni. Sette regioni (Piemonte, Veneto, Emilia Romagna, Toscana, Valle d’Aosta, Friuli e Sardegna) e le due province autonome di Trento e Bolzano hanno mobilitato 1,2 miliardi per ripianare la differenza tra i costi sostenuti e le risorse messe a disposizione dallo Stato. Solo la Lombardia, il Veneto, l’Umbria, le Marche e l’Abruzzo hanno presentato risultati positivi.
La Lombardia ricava 452 milioni attirando pazienti dalle altre Regioni, la Calabria ne versa invece 230. Il Veneto presenta un attivo di 48,6 milioni e ha un tasso di ospedalizzazione pari a 146 ogni mille abitanti contro i 204 della Campania che ha il record di ricoveri. Le Regioni sottoposte a piani di rientro, quindi a vincoli più stretti, hanno abbattuto le perdite del 38%. Peggiorano invece del 2,5% nelle Regioni che ne sono esentate. Il disavanzo sanitario, tuttavia, è concentrato per il 42% al Sud.
I piani di rientro. Riguardano Lazio, Abruzzo, Molise, Campania, Sicilia, Calabria, Piemonte e Puglia. In Abruzzo il 2011 si chiude con un avanzo (prima delle coperture per il pregresso) di 18,5 milioni. La Campania ha più che dimezzato il disavanzo (da quasi 500 a 175 milioni) ma a consuntivo i costi sono risultati superiori al previsto di oltre 70 milioni, dovuti per lo più all’acquisto di beni e servizi. Al Molise spetta la maglia nera tanto che è stato commissariato il commissario (caso unico in Italia). Il Lazio è in miglioramento ma troppo lento: il deficit supera gli 800 milioni e i costi hanno registrato uno scostamento di ben 1,3 miliardi rispetto alle previsioni, dovuti soprattutto alle spese per il personale e all’acquisto di beni (+3,5%).
Medicine. La spesa farmaceutica ospedaliera ha sforato gli obiettivi in tutte le regioni. La riduzione di spesa è stata in media del 4,7%. Ma è frutto di flessioni oltre l’8% in Lombardia, Liguria, Emilia Romagna, Puglia e Calabria e di incrementi molto rilevanti in Val d’Aosta e a Bolzano, in Molise e Campania. Rimangono su valori pari al doppio del limite massimo Piemonte, Friuli, Toscana, Umbria, Marche, Basilicata e Sardegna.
Ticket. La spesa farmaceutica convenzionata è l’unica voce di spesa che ha fatto registrare un trend in costante diminuzione. Ma più che la virtù degli amministratori è all’arrivo dei ticket che si deve il risultato. Tra ticket e aumento delle addizionali Irpef, l’aumento è stato del 6% nel 2011. L’insieme di queste voci pesa per 181 euro procapite sui malati del Lazio che detiene il record negativo e per 45 euro su quelli del Piemonte, della Lombardia, della Toscana. La Sardegna è la più moderata (30 euro), pesante la situazione in Molise (119 euro), Liguria (112), Sicilia (110), Calabria (100).
La qualità. Molise, Lazio, Sicilia, Calabria, Campania e Puglia sono inadempienti sui Lea (Livelli essenziali di assistenza). A fronte di 10 posti letto ogni mille anziani nelle regioni del Nord, per esempio, si scende a 4 nel Lazio e 0,6 in Campania e Sicilia dove la sanità, lo abbiamo visto, costa di più. Sotto accusa sono le diverse capacità gestionali. «Nelle Regioni in cui si ha un cattivo controllo del budget e quindi scarsa capacità di rispettare i limiti di spesa previsti afferma la Corte dei Conti si hanno in generale peggiori performance di carattere anche qualitativo. In altre parole, a maggiori risorse non corrisponde una migliore qualità del servizio». La stessa Corte mette però in guardia dai danni di «una eccessiva contrazione di risorse». «Chi ha il compito di controllare i conti lo faccia osserva Giovanni Bissoni, presidente dell’Agenzia per i servizi sanitari ma le politiche sanitarie vanno sfilate da lì e lasciate a chi ha le competenze necessarie. O i conti non torneranno comunque».
Il Messaggero – 15 luglio 2012