La vera corsa comincia ora. Per Matteo Renzi, da oggi si preparano tre mesi di fuoco. Con almeno quattro fronti da presidiare, ben più evidenti dopo la due giorni del vertice Ecofin di Milano. Il primo è l’Europa, che vorrà monitorare le nostre riforme e che a queste condiziona margini e sanzioni. Il secondo è quello sociale, con le agitazioni già innescate dalla Cgil con l’avvicinarsi del Jobs act.
Il terzo è parlamentare, con le minoranze interne del Pd, non disposte a fare sconti. Il quarto è istituzionale: i governatori delle Regioni hanno già fatto sapere che, se si toccherà la sanità, si metteranno duramente di traverso. E ieri dal Nord Maroni (Lombardia) e Zaia (Veneto) hanno annunciato lo sciopero fiscale se si faranno tagli alla sanità delle due Regioni: «sono le Regioni del Sud ha detto Zaia – quelle che spendono di più e curano peggio». «Gli scioperi fanno poca strada », ha replicato Alessandra Moretti (Pd).
Il timing delle date è serrato. A partire da oggi arriveranno a Palazzo Chigi le relazioni scritte dei ministri di spesa: persino la battagliera titolare della Salute Beatrice Lorenzin, alle strette, ha messo sul piatto 900 milioni. Ma l’espressione “taglio ai servizi” resta un tabù: dalla cultura alle forze di polizia. E’ la partita più difficile, perché entro il 15 ottobre bisognerà inviare la legge di Stabilità in Parlamento (e a Bruxelles). Dunque meno di un mese di tempo per prepararla e fino al 31 dicembre per farla approvare dal Parlamento.
L’architrave del rapporto con l’Europa sembra essere la riforma del lavoro. Così Renzi, che martedì illustrerà il suo programma in Parlamento, ha intenzione di accelerare: il piano è di far trovare la legge approvata ai ministri del Lavoro europei che terranno la loro riunione a fine ottobre in Italia. Il provvedimento va in aula al Senato il 23 settembre, entro 15 ottobre (prima che inizi la sessione di bilancio) dovrebbe arrivare l’approvazione della Camera, e ci sarebbe il tempo anche per una terza lettura. Come è noto c’è un problema politico: ma sembra che anche in Commissione Lavoro, la “minoranza” di una decina di deputati Pd, possa convergere sulla proposta che sterilizza solo per tre anni l’articolo 18 sostituendolo con indennizzi.
Prima che tutto ciò avvenga il pallino sta tuttavia nelle mani del ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan: entro il 30 settembre (con ritardo, perché deve arrivare la revisione del Pil dall’Istat) deve compilare la «nota di aggiornamento» al Def. Sembrerebbe a prima vista una formalità, invece in questo documento dobbiamo dichiarare quanto abbiamo intenzione di crescere il prossimo anno e che rapporto deficit-Pil abbiamo intenzione di raggiungere. Irrealistico il «vecchio» deficit dell’1,8 per cento, ci si avvicinerà al 2,8 anche perché la crescita (negativa quest’anno per la terza volta consecutiva) non potrà essere brillante nel 2015.
Se queste tre operazioni andranno in porto, come sta nei piani del governo, Renzi avrebbe fatto bingo. Il commissario agli Affari monetari il finlandese Jyrki Katainen potrebbe cominciare a toccare con mano l’attuazione degli ambiziosi progetti italiani. L’esame di aprile-giugno 2015, sarebbe più facile. Ma il percorso non è in discesa.
Completerebbe il piano, dandogli una «buona presentabilità» a Bruxelles, la lotta all’evasione fiscale. Si parla di un provvedimento ad hoc allegato alla legge di Stabilità, ma di certo non si deve partire da zero. Il governo ha già in mano una delega e deve varare il provvedimento contro abuso di diritto ed elusione; in Parlamento sta per essere recepito l’accordo sullo scambio automatico di informazioni sul modello del Facta Usa e avanza il provvedimento sul rientro oneroso dei capitali dalla Svizzera.
Nel frattempo l’economia potrebbe indebolirsi ancora di più. La parola d’ordine sono consumi e investimenti. Confermare il bonus da 80 euro nella legge di Stabilità in modo da convincere gli italiani a spendere una somma che diventerà strutturale. E contare sullo sblocca-Italia, decreto appena pubblicato sulla «Gazzetta ufficiale», che finanzia gli ultimi lotti rimasti all’asciutto di moltissime opere pubbliche con circa 4 miliardi. Il resto è affidato ai finanziamenti «Targeted», cioè mirati alle banche che utilizzeranno questi soldi per finanziare imprese e famiglie, che partiranno questa settimana per 75 miliardi. La corsa di Renzi non sarà facile.
Repubblica – 15 settembre 2014