Quella di ieri è stata una giornata di febbrili consultazioni tra le Regioni sulle strategie da adottare per scongiurare il taglio della sanità al vaglio del governo Renzi, deciso a trovare tra tutti i ministeri i 20 miliardi necessari a sostenere la legge di stabilità.
Se davvero sul Fondo sanitario nazionale si abbattesse la scure di Palazzo Chigi, le Regioni dovrebbero ridare a Roma 3 miliardi in tre anni e il contributo del Veneto sarebbe di 240 milioni. Da qui la necessità di mettere sul tavolo una controproposta, partendo dal diktat di Sergio Chiamparino, governatore del Piemonte: «Si riducano le società partecipate, piuttosto». «Perché no, è una grande idea — concorda Luca Coletto, coordinatore degli assessori alla Sanità, che ha convocato il 24 del mese a Roma —. Invece di infierire sempre sulle stesse voci, cioè pensioni e salute (il Fondo sanitario è già stato decurtato di 30 miliardi negli ultimi cinque anni, ndr), il governo cominci a guardare alle partecipate dei ministeri, parcheggio di centinaia di persone. Sono enti inutili, molti dei quali chiusi per legge eppure ancora operativi grazie ai soliti cavilli. Le Regioni hanno accettato la razionalizzazione, faccia lo stesso lo Stato, potrebbe essere l’idea di partenza per una contrattazione. Altri risparmi dovrebbero derivare dal fare blocco unico sull’acquisto dell’energia, costituendo una macroregione ad hoc — aggiunge l’assessore veneto —. Non c’è problema se ci chiedono di rivedere beni e servizi, siamo in grado di recuperare risorse anche dallo smaltimento dei rifiuti ospedalieri».
Le altre voci sulle quali risparmiare sono l’eliminazione dei reparti che lavorano troppo poco e gli ospedali con meno di 80 letti, una gestione più efficiente e per più ore delle apparecchiature diagnostiche, un miglior utilizzo delle scorte di magazzino e il potenziamento delle centrali di acquisto. «Tutti passi già compiuti dal Veneto, che in quanto a posti letto è sceso sotto la soglia del 3,7 per mille abitanti imposto dal governo, per arrivare al 3,5 — aggiunge Coletto —. Quanto al risparmio energetico i nuovi ospedali come quello di Este sono dotati di pannelli solari, che gradualmente potremmo installare in tutti gli altri». Ma sul tavolo della trattativa potrebbe rispuntare pure l’idea, già accarezzata da Palazzo Chigi, di alzare il ticket. «La discussione è appena iniziata — replica il sottosegretario all’Economia, Pier Paolo Baretta — l’obiettivo di governo è un’ipotesi di risparmio sulla spending review lasciata ai singoli ministri. Credo che l’allarme diffuso dalle Regioni debba rientrare, vogliamo lavorare sugli sprechi, non sull’essenziale. Lo spazio di manovra per ridurre la spesa va cercato nell’intero settore sanità, non nelle prestazioni al cittadino, che non si toccano. E’ comprensibile la rivolta preventiva dei governatori, però è presto per tirare conclusioni negative, così com’è prematuro parlare di 3 miliardi di taglio alla sanità. Prima di avanzare cifre, conviene aspettare il piano generale completo». Dal canto suo il premier Matteo Renzi su Twitter ha sentenziato: «Revisione della spesa non significa tagliare la sanità. Prima di fare proclami, i governatori inizino a spendere bene i soldi che hanno».
Ma il Tribunale del Malato rivela, con il segretario regionale Giuseppe Cicciù: «I cittadini hanno già pagato, e tanto, in termini di qualità, di sicurezza e accessibilità alle cure. Tra tagli alle risorse e ai servizi, ticket e blocco del turn over, oltre il 20% dei veneti rinuncia alle cure per difficoltà economiche. Il 72% dei professionisti della sanità da noi interpellati dichiara che si stanno già riducendo i servizi e relativa qualità, mentre il 61,7% rileva un marcato aumento dei rischi per la sicurezza. Si taglino piuttosto le Usl, è assurdo mantenerne tre per provincia». Preoccupate Cgil, Cisl e Uil: «La salute è un bene primario che va difeso, a partire dalla prevenzione, dalla qualità delle cure e dal continuo aggiornamento scientifico e tecnologico».
Michela Nicolussi Moro – Il Corriere del Veneto – 13 settembre 2014