Il Fatto quotidiano. I direttori di struttura “precari” sono 64 su 212: a far scoppiare il bubbone il sindacato dei medici, che chiede alla Giunta del leghista Massimiliano Fedriga di risolvere un problema che sta diventando strutturale. La risposta del vicepresidente e assessore alla Sanità Riccardi: “Li faremo arrivare a zero entro fine legislatura”
Sono i medici più potenti: i primari che dirigono i reparti arrivano al vertice della carriera ospedaliera. Ma in Friuli-Venezia Giulia un direttore di struttura su tre è un facente funzione, ovvero ricopre l’incarico senza essere stato scelto attraverso un concorso. Significa che i dirigenti sono nominati con una sorta di precettazione dei propri vertici, e che – inoltre – non godono dei benefici e delle tutele connesse al ruolo che di fatto esercitano, assumendone gli oneri. A far scoppiare il bubbone il sindacato dei medici, che chiede alla Giunta del leghista Massimiliano Fedriga di risolvere un problema che sta diventando strutturale. Alcuni primari, infatti, lavorano in proroga anche da parecchi anni.
Antonio Maria Miotti e Raffaele Perrone Donnorso, rispettivamente presidente regionale e nazionale dell’Associazione primari ospedalieri (Anpo), dell’Ascoti (medici ortopedici e traumatologi) e della Fials (Autonomie locali e sanità) hanno scritto a Riccardo Riccardi, vicepresidente della Regione e assessore alla Sanità, oltre che ai direttori generali delle Aziende sanitarie Friuli Centrale, Giuliano-isontina e Friuli Occidentale. Denunciano che “la Regione Friuli Venezia Giulia, in passato esempio positivo nazionale per la gestione della Sanità, presenta gravi criticità. Tra queste la presenza di un gran numero di strutture ospedaliere o sanitarie affidate provvisoriamente a dirigenti facenti funzione, in molti casi per anni”. Gli effetti? “Precarietà nell’organizzazione e minore autorevolezza di un responsabile incaricato provvisoriamente rispetto a uno con contratto pluriennale”. Non si tratta, spiega il sindacato, di una rivendicazione corporativa, ma fatta a tutela dell’efficienza del servizio. “Il primario in ambito ospedaliero o sanitario è in realtà, dal 1992, il direttore di struttura complessa o il responsabile di struttura semplice dipartimentale. Vigila sull’attività e sulla disciplina del servizio assegnato alla sua divisione, ha la responsabilità dei malati, definisce i criteri diagnostici o terapeutici che aiuti e assistenti devono seguire, pratica direttamente sui pazienti gli interventi diagnostici e curativi che ritenga di non affidare ai suoi collaboratori”. Un’attività complessa, ma nei casi dei facenti funzioni è “notoriamente ingrata, con moltissimi oneri e responsabilità e senza riconoscimento giuridico ed economico”.
La lettera si spinge a ipotizzare che la stortura favorisca i raccomandati. “Non sempre l’incaricato ha la certezza di essere confermato in un concorso, e quante volte lo abbiamo visto superare dall’ultimo arrivato, appoggiato dal boiardo di turno. Su questo punto esistono purtroppo le eccezioni, che confermano la regola, con Direttori o Responsabili “misteriosamente” individuati e stabilizzati da un giorno all’altro“. La lettera risale a qualche mese fa e allora aveva quantificato una quarantina di primari in questa posizione, incontrando però le resistenze delle direzioni aziendali e della Regione a fornire i dati reali. “Incredibilmente molti di questi sono incaricati da almeno 7-8 anni, e quindi non si può pensare che questo sia dovuto alla situazione pandemica degli ultimi 12 mesi”, si legge. Adesso i numeri sono stati aggiornati dalla Direzione centrale Salute, come riferisce Il Piccolo: i direttori di struttura complessa ad interim sono 64 sui 212 previsti dalla riforma dell’assessore di centrosinistra Maria Sandra Telesca, che risale a cinque anni fa ed eliminò primariati “doppioni”. Nell’Azienda sanitaria universitaria giuliano isontina le posizioni ibride sono 21, in quella udinese sono 30, mentre nella parte occidentale del Friuli sono 13 (Pordenone e San Vito al Tagliamento). La media è del 30 per cento.