Il governo ha sollevato la questione di legittimità costituzionale sull’articolo 19 della Legge di adeguamento ordinamentale 2018 in materia di affari istituzionali approvata dalla Regione Veneto in maggio, articolo che autorizza enti e servizi sanitari a “pescare” nelle stesse graduatorie fino a tre anni in caso di carenza di personale, invece che indire nuovi bandi, reclutando persone inizialmente rimaste fuori per esaurimento posti. Lo riporta Angela Pederiva sul Gazzettino di oggi.
Mentre la trattativa sull’autonomia è impantanata nelle sabbie mobili delle tensioni gialloverdi, il Governo dà un altro colpo alle ambizioni del Veneto. È stato incardinato davanti alla Corte Costituzionale, tanto da risultare l’ultimo in ordine di tempo dei giudizi attualmente pendenti, un ricorso della Presidenza del Consiglio dei ministri contro la Regione in materia di sanità. Nel mirino è finita la legge, approvata tre mesi fa, che nell’assunzione del personale permette alle Ulss di continuare ad attingere per un triennio alle graduatorie dei concorsi: secondo Palazzo Chigi, quella noma «viola il principio di buon andamento della pubblica amministrazione» e «invade la competenza riservata alla legislazione statale nelle materie del diritto civile, della determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni e dei principi fondamentali di coordinamento della finanza pubblica».
LA DISPOSIZIONE La questione di legittimità costituzionale è stata sollevata per l’articolo 19 del testo di adeguamento ordinamentale in materia di affari istituzionali, dedicato prevalentemente al riordino delle prescrizioni relative all’Arpav. Ma nel dibattito in aula era stata inserita anche la disposizione riguardante le aziende e gli enti del servizio sanitario regionale, autorizzandoli ad utilizzare le graduatorie per il reclutamento di personale a tempo indeterminato e determinato, per tre anni dalla data di pubblicazione, «oltre che per la copertura dei posti messi a concorso, anche per l’assunzione di idonei non vincitori nei limiti del fabbisogno triennale di personale e della relativa dotazione organica». In sostanza era stata prevista la possibilità di continuare a “pescare” negli elenchi dei candidati risultati in possesso dei requisiti richiesti, ma rimasti fuori per esaurimento delle posizioni disponibili, per coprire altri buchi di personale che fossero emersi anche uno, due o tre anni dopo, senza dover nuovamente esperire una selezione. Per quanto attiene a medici, tecnici e infermieri, l’opportunità sarebbe scattata per i bandi emanati dal 1° gennaio 2020.
LA NAZIONE Secondo i giuristi del dipartimento per gli Affari Regionali, però, questa regola è incompatibile con la normativa statale, la quale prescrive che l’utilizzo delle graduatorie serva solo per individuare i vincitori dei relativi bandi e, al massimo, per rimpiazzarli in caso di eventuale rinuncia. Per quale motivo? «Garantire che siano reclutati i migliori tra i candidati risultati, all’esito della procedura, in possesso dei requisiti tecnico-culturali richiesti per le figure professionali messe a concorso». L’idea di andare avanti a scorrere quegli elenchi anche per altre situazioni, in cui le aziende sanitarie hanno comunque necessità di personale, per Palazzo Chigi è invece «suscettibile di impugnazione dinanzi alla Corte Costituzionale». Così in effetti è stato, tanto che ora la Regione dovrà costituirsi in giudizio, per difendere le proprie prerogative di fronte ai princìpi ribaditi dal Governo nella propria deliberazione, come quello di «assicurare per tutti i candidati ai pubblici uffici un trattamento eguale, rispettoso dei principi di imparzialità e buon andamento (…) nell’ottica della valorizzazione delle professionalità al servizio della Nazione unitariamente intesa». (Angela Pederiva – Il Gazzettino)
L’articolo impugnato
Art. 19 – Graduatorie concorsuali delle aziende ed enti del sevizio sanitario regionale.
2. La disposizione di cui al comma 1 si applica anche per l’utilizzo delle graduatorie di avvisi pubblici per assunzioni a tempo determinato.