Repubblica- Più governatori di centrodestra che di centrosinistra nell’aulico Salone degli Svizzeri a Palazzo Reale. Ma la richiesta urgente di risorse sulla sanità, seppure con toni molto distanti, accomuna tutti i presidenti, a Torino per il secondo appuntamento del Festival delle Regioni. Il pungolo, e l’assist, arriva dal presidente della Repubblica, da sempre difensore dei diritti sociali nelle sue uscite pubbliche. Come si concilia il principio della difesa del Servizio sanitario nazionale, con il panico per un taglio alle risorse per cui si prevede di scendere al 6% del Pil (quando in Europa Paesi come la Germania investono il 10%), è la domanda a cui nessuno può sottrarsi.«La civiltà di un Paese si misura in particolare sui servizi sanitari anche se non è un momento facile per i conti pubblici – dice Luca Zaia – Il modello sanitario italiano è unico al mondo e ci sono fattori che non si possono non prendere in considerazione in questa fase: i costi della medicina difensiva, l’inflazione, la necessità di mantenere aggiornato il parco tecnologico» .
I numeri del Veneto, dice, sonoemblematici: «Ogni anno abbiamo un aumento del 15% delle prestazioni, con una crescita, solo come esempio, del 38,5% delle richieste di risonanze all’addome». Il presidente del Friuli Venezia Giulia, il leghista Massimiliano Fedriga, qui a Torino nel ruolo di presidente della Conferenza delle Regioni, fa prove di equilibrismo per mettere insieme l’Sos da lanciare a Roma con la volontà di non criticare il governo: «Nel 2023 non ci sono stati tagli, aspettiamo il documento finale. Non bastano le risorse sulle quali insisteremo – dice – ci si deve porre anche il problema di un cambio di organizzazione del sistema sanitario. Nella mia Regione il 70% delle persone che si rivolgono al pronto soccorso sono casi non gravi che potrebbero essere seguiti altrove ed è altissimo il numero delleprestazioni inappropriate». Difesa incondizionata del governo da parte di Marco Marsilio, presidente dell’Abruzzo, Fratelli d’Italia: «Non ho mai conosciuto governo che non abbia messo in bilancio meno della metà di quanto chiedevano le Regioni ogni anno per adeguare il fondo sanitario nazionale. Conta anche come si spende, ci sono Regioni che ricevono meno fondi ma ottengono risultati migliori».
Tutt’altra musica da parte dei governatori del centrosinistra. Assente Vincenzo De Luca, la difesa della sanità del Sud è affidata a Michele Emiliano: «Senza un repentino aumento del fondo nazionale di almeno 4 miliardi di euro, – s’infervora – la nostra sanità, fiore all’occhiello del nostro impianto sociale e politico, rischia seriamente il default. Senza fondi non potremo più fare le necessarie assunzioni di personale, né accorciare le liste d’attesa». La Puglia, aggiunge, ha fatto una scommessa: «Nel 2024 inaugureremodue nuovi ospedali, ma servono fondi per reggere questo impegno». Il presidente dell’Emilia Romagna Stefano Bonaccini promette battaglia: «La Nadef (la nota di aggiornamento al Documento di economia e finanza) è un’altra doccia fredda sul diritto alla salu te dei cittadini: ancora una volta si fa cassa sulla sanità pubblica. Il nostro Paese, già fanalino di coda in Europa per spesa sanitaria, scivola ancora più giù». L’auspicio è che alla battaglia dei governatori si sommi «la mobilitazione dei cittadini a tutela del servizio sanitario nazionale». La sanità calabrese non vive certo anni facili e il presidente della Regione, il forzista Roberto Occhiuto, ringrazia il presidente della Repubblica: «In maniera ineccepibile Mattarella ha detto quello che pensano sia i presidenti delle Regioni, senza differenza di colore politico, sia i cittadini italiani. Lo sforzo sul finanziamento del sistema sanitario dev’essere il più importante possibile». Ma Mattarella, sottolinea, «parla anche di adeguamento del sistema sanitari. Servono anche riforme per rafforzare l’assistenza territoriale, facilitare il reclutamento dei medici. Si parla spesso di privatizzazione della sanità e intanto si è privatizzato il mercato del lavoro nelle professioni sanitarie, perché tanti medici italiani si dimettono e vanno a lavorare a gettone nelle cooperative. Così un medico che costava 6 o 7.000 euro al mese ora ne costa 50.000». Il governatore della Toscana Eugenio Giani chiede al governo risposte concrete: «Sono tre anni – racconta che vado avanti con un fondo sanitario statale che per la Toscana quest’anno vale 7 miliardi e 593 milioni. Alla fine, però, la spesa necessaria è sempre di oltre 8 miliardi. E noi dobbiamo ogni volta coprire con il bilancio ordinario, togliendo allo sport, alla cultura, ai trasporti pubblici e all’istruzione».