«Soffriamo non solo per il fatto che dalle scuole di specializzazione escono pochissimi specializzati, ma anche per la concorrenza degli altri Paesi europei, dove i professionisti sono pagati tre volte tanto rispetto all’Italia». È un allarme più che rosso quello lanciato ieri mattina dal direttore generale dell’Usl 1 Adriano Rasi Caldogno, al convegno organizzato da Cgil, Spi e Fp Cgil sulla riorganizzazione territoriale e sull’integrazione dei servizi socio sanitari prima e dopo la fusione. Il dg ha preso spunto dal convegno per fare il punto della situazione non solo a livello di personale, ma anche sulle strutture attivate sul territorio. Personale. «Abbiamo un problema grande con i pediatri a tutti i livelli», ha detto Rasi Caldogno. «Dalle scuole di specializzazione escono 12-14 specialisti all’anno: questi dovrebbero sopperire ai pensionamenti e ai trasferimenti che si verificano negli ospedali e tra i medici di libera scelta. Una cosa impossibile. Oltre a questo, dobbiamo fare i conti con la concorrenza di Paesi stranieri come Germania, Francia e Inghilterra, dove questi professionisti vengono pagati dalle due alle tre volte di più. Mi chiedo: perché uno dovrebbe rimanere qui? E i problemi non riguardano solo noi, anche Trento e Bolzano, che hanno retribuzioni del 30% in più, faticano a trovare personale». Punto nascite Cadore. Il dg è intervenuto anche sulla questione del punto nascite di Pieve di Cadore, da tempo chiuso per mancanza di ginecologi: «Siamo stati costretti a ridurre l’operatività. Alla fine del 2016 abbiamo indetto un bando per l’assunzione di 7-8 specialisti in questo settore, ma una volta trovati, questi sono rientrati nelle loro regioni di origine, lasciandoci a piedi un’altra volta. Noi, comunque, non ci arrendiamo, continuiamo a fare bandi». E lancia un’idea: «Sarebbe bello tornare alla vecchia normativa che prevedeva la possibilità di assumere in ospedale medici non ancora specializzati». Medici di famiglia. Le criticità ci sono anche per i medici di medicina generale. «Tra il 2021-2023 ci sarà un esodo massiccio anche di medici di famiglia, oltre che di pediatri, quindi si creerà un problema strutturale di fondo. È con queste cose che noi dobbiamo fare i conti tutti i giorni». Il ruolo dell’infermiere. Rasi rilancia il ruolo dell’infermiere per sopperire alla carenza di medici. «Oggi gli infermieri sono laureati, hanno fatto master internazionali, quindi possiamo fare come all’estero, dove il medico super specializzato segue alcune fasi di una malattia, lasciando il resto in carico all’infermiere». Strutture. Il capo dell’Usl ha poi passato in rassegna le strutture ospedaliere, ma anche quelle territoriali, evidenziando come, in base al decreto ministeriale 70 che definisce il bacino di utenza per mantenere aperti alcuni centri, «pochi servizi potrebbero rimanere attivi qua in montagna». Per quanto riguarda i servizi sul territorio, sono già attivi due ospedali di comunità ad Auronzo ed Alano di Piave, «quest’anno saranno attivati 15 posti letto di comunità al San Martino, 10 al Santa Maria del Prato e 7 a Lamon; nel 2019 altri 25 posti complessivi». Sulle medicine di gruppo integrate, Rasi si è detto propenso a cambiare il modello per adattarlo al territorio montano, «altrimenti rischiamo di trovarci con super ambulatori nei centri più grandi, lasciando sguarnite le piccole frazioni». Il dg ha promesso poi di potenziare le due Cot (centrali operative territoriali) che fanno da trait d’union tra ospedale e territorio. E infine due auspici: che il percorso della fusione appena iniziato possa portare dei miglioramenti e che le nuove schede ospedaliere regionali possano «conservare i servizi ospedalieri attuali». (Paola Dall’Anese)
IL CORRIERE DELLE ALPI – Giovedì, 29 marzo 2018