Una protesta che dovrebbe riguardare tutti, visto che proprio il Ssn, con i suoi medici e i suoi infermieri, ci tiene in vita, ci permette di sopravvivere alle malattie, agli incidenti, alle epidemie e ai disastri. E invece l’opinione pubblica non reagisce. Ricordiamo allora che la privatizzazione del servizio, un sistema “all’americana” vuol dire abbandono e morti evitabili.
«Parto dal presupposto che una sanità efficiente ed efficace è l’obiettivo di tutti, ma sarebbe miope perseguire questo obiettivo e concentrare tutta la discussione sull’aumento o meno delle risorse. Perché non basta necessariamente spendere di più, se poi quelle risorse venissero utilizzate in modo inefficiente»: quando, il 3 ottobre scorso, con sguardo accigliato e piglio marziale, la presidente del Consiglio Giorgia Meloni così commentava il palese taglio ai fondi destinati alla sanità per il 2024, molti hanno sentito un brivido lungo la schiena. Di certo lo hanno sentito i medici e gli infermieri ospedalieri, i dimenticati “eroi” del Covid che tengono in piedi il sistema con retribuzioni di parecchio inferiori a quelle europee, con carichi di lavoro estenuanti dovuti alla carenza di personale documentata più volte da sindacati e associazioni di categoria; che peraltro tutti noi vediamo dal vivo ogni volta che abbiamo bisogno di assistenza.
Già, con la legge di bilancio 2024 e con quelle parole, Meloni non solo derubricava a «miope» la richiesta di finanziamenti adeguati, ma lanciava una fumosa quanto urticante accusa di «inefficienza». E col passare delle settimane, la palude: Ssn senza soldi, rinnovo dei contratti in stallo, con in aggiunta lo schiaffo del taglio delle pensioni.
Ciò che accadrà nei luoghi della sanità pubblica, dove medici e infermieri incrociano le braccia, non solo era inevitabile, è di più: perché finora le manifestazioni sindacali hanno sempre riguardato le condizioni salariali e di lavoro dei sanitari. Ora, invece, si sciopera per salvare il Servizio Sanitario Nazionale. Una protesta che dovrebbe riguardare tutti, visto che proprio il Ssn, con i suoi medici e i suoi infermieri, ci tiene in vita, ci permette di sopravvivere alle malattie, agli incidenti, alle epidemie e ai disastri. E invece, di fronte a un servizio pubblico man mano sempre più impoverito, che obbliga gli italiani a pagare prestazioni a cui avrebbero diritto, di fronte alla privatizzazione di un settore che la Costituzione vuole al servizio dei cittadini, di fronte a professionisti, i nostri medici e i nostri infermieri, pagati male e spremuti come limoni, l’opinione pubblica non reagisce. L’opposizione degli aventi diritto si sfarina. Corre dietro alle distrazioni su cui questo governo è maestro.
Di chi è colpa se devi aspettare mesi per una Tac? Se la sala operatoria chiude per mancanza di personale? La risposta sarebbe semplice: del fatto che non ci sono soldi per pagare chi deve erogare queste prestazioni. E invece, ecco il balletto: colpa delle Regioni… colpa dei fannulloni… colpa, Meloni dixit: delle inefficienze. Ed ecco il ventre molle del Paese arrabbiato urlare contro gli addetti dei Pronto soccorso sommersi di malati e stremati dal superlavoro pagato una miseria, ad esempio, come spesso le cronache ci riferiscono.
Ecco tutti a vomitare fiele sulle liste di attesa senza mettere insieme i fatti: se non ci sono medici non si possono erogare prestazioni, soprattutto se quegli stessi pochi medici sono impegnati nella cosiddetta “attività libero professionale” perché una legge sciagurata ha previsto che negli ospedali ci fossero due binari, uno per i ricchi che pagano e fanno presto, e l’altro per chi pagare non può e quindi aspetta.
In sintesi: si costruisce giorno dopo giorno l’idea che il Ssn sia un carrozzone e debba essere sostituito da qualcosa di più «efficiente». Un’idea che più sbagliata non si può. Perché la nostra sanità arranca, ma è comunque tra le migliori al mondo (solo quattro anni fa Bloomberg la piazzava al quarto posto per qualità dei servizi erogati), nonostante ci investiamo una percentuale del Pil molto inferiore a quella degli altri Paesi europei coi quali ci piace confrontarci (il 6,2 contro l’oltre il 10 di Francia e Germania). È vero, le difficoltà di oggi sono figlie di oltre vent’anni di tagli, tagli, tagli che ci hanno spinto al nono posto dal terzo che occupavamo nella classifica dei Paesi più longevi, secondo le statistiche Ocse.
Ma c’è un parametro che meglio di tutti descrive la qualità di un sistema sanitario, ed è quello dei morti evitabili: in Italia è di 146 su 100 mila abitanti, la media dei Paesi Ocse è 237; in Germania è di 195. Negli Usa, per dire, è di 336. I medici e gli infermieri con lo slogan del 5 dicembre, “La sanità non si vende, si difende”, ce lo ricordano. E ci ricordano che la privatizzazione del servizio, un sistema “all’americana” vuol dire abbandono e morti evitabili.
Daniela Minerva – La Repubblica