La Stampa. Mentre i sindacati medici paragonano l’Italia a Grecia e Romania in termini di finanziamenti per la sanità il ministro della salute, Orazio Schillaci, va a far visita al collega dell’Economia, Giancarlo Giorgetti con una lista di interventi irrinunciabili che vale circa 4 miliardi di euro. Il responsabile del Mef ha ascoltato e ammesso che la sanità è una priorità per il governo, ma come confermano voci della maggioranza vicine e via XX settembre, alla fine, il titolare della salute – se tutto – va bene porterà a casa un po’ più della metà di quanto richiesto. «Tra i 2,5 e i 3 miliardi», precisa la deputata di Fdl, Ylenja Lucaselli, che per la maggioranza segue diversi dossier sanitari.Giorgetti per ora sta ascoltando le richieste di tutti i ministri. Poi a settembre tirerà le somme stilando un elenco di priorità. E tra queste la sanità c’è, ha assicurato a Schillaci.
Ma il quadro macro-economico è quello che è, con il Pil in frenata e i tassi di interesse in salita, con quel che ne consegue in termini di aumento degli oneri per il debito pubblico. Così recuperare l’enorme mole di denaro erosa dall’inflazione, 15 miliardi dal 2021 al 2024, è impossibile. Ma quel che anche per Giorgetti è irrinunciabile sono gli incentivi a medici e infermieri, sia per arginare la loro fuga dal Servizio sanitario nazionale sia per invogliarli a fare un po’ di extra per tagliare le liste di attesa, che finiscono per far rinunciare alle cure 2,5 milioni di italiani ogni anno. L’idea di Schillaci è quella di estendere a tutti i camici bianchi il bonus da 36 euro al mese già elargito ai medici del pronto soccorso, applicando a tutti anche l’aumento da 50 a 80 euro l’ora per le prestazioni aggiuntive che servono a tagliere le liste di attesa. Il tutto per un costo di circa 500 milioni. Ma gli incentivi andranno estesi anche agli infermieri, senza i quali sarà difficile far partire le nuove Case e Ospedali di comunità. Ma per farlo servirebbe più di un miliardo. «Per abbattere le liste di attesa si sta pensando anche di alzare il tetto di spesa per il privato convenzionato che vale 130 milioni ogni 0,1% in più», spiega sempre Lucaselli. E per questo si parla di altri 500 milioni da mettere sul piatto. Il Governo ha poi recentemente fatto slittare al 30 ottobre il payback, un miliardo dovuto dalle imprese produttrici di dispositivi medici a parziale ripiano dello sforamento di spesa. Soldi che le Regioni hanno da tempo messo in bilancio senza però aver mai incassato un euro. E probabilmente nemmeno lo introiteranno a fine ottobre, perché come rivela la parlamentare di Fdi «si sta lavorando per abrogarlo», vista anche la marea di ricorsi presentati dalle aziende. Fatte le somme si arriva a 3 miliardi, il massimo che il Mef sembra disponibile a mettere sul piatto, sempre che il Pil decida di rialzare la testa.
Servono però altri soldi, tanti soldi, per sciogliere i nodi che attanagliano la sanità. Per far funzionare le nuove strutture territoriali Schillaci vuole portare a 38 ore settimanali l’orario degli specialisti ambulatoriali delle Asl, che oggi nel 42% dei casi ne lavorano appena 10. Ma siccome questi sono pagati a ore occorre sborsare molto di più. E un maggior costo lo avrebbe anche il passaggio alla dipendenza dei giovani medici di famiglia, come vorrebbe sempre il Titolare della salute per farli lavorare a tempo pieno nelle Case di comunità, i maxi-ambulatori aperti 7 giorni su 7 e 24h. Per non parlare del fatto che occorrerà trovare circa 2,7 miliardi per finanziare prima il contratto dei medici 2022-24 che deve recupere l’inflazione, poi quello del restante personale, che come minimo costerà altri 2 miliardi. Insomma di soldi ne servirebbero almeno il triplo di quelli che nella più ottimistica ipotesi arriveranno per la sanità. Sempre senza voler calcolare la perdita di potere d’acquisto che non ha risparmiato i bilanci di Asl e Ospedali.
Non a caso il sindacato dei medici ospedalieri Anaao ha parlato ieri di «tutela del diritto alla salute a rischio», facendo poi capire con i numeri quanto ci costerebbe il default del servizio sanitario pubblico: fino a 1.200 euro al giorno per un ricovero nel privato, 395 euro per un controllo cardiologico. Esempi eloquenti di come per il finanziamento della sanità passi la tenuta sociale del Paese