Prezzi dei farmaci, soprattutto quelli più costosi, legati ai volumi di vendita e al numero di pazienti “trattati”, ma anche ai risultati della cura. Riduzione e comunque fissazione di un’asticella sui ticket occulti pagati dai cittadini per le differenze di listino rispetto ai generici. Nuovi criteri per definire la reale innovatività delle medicine e più concorrenza.
Due tetti di spesa, sensibilmente diversi dagli attuali. Sostituibilità immediata dei medicinali biosimilari con i farmaci originali in scadenza di brevetto. Le regioni si preparano al tavolo col Governo con una proposta sulla farmaceutica che metterebbe letteralmente sottosopra le attuali regole. Obiettivo dichiarato: riportare la spesa sotto controllo, a partire da quella ospedaliera su cui le industrie sono chiamate a pagare un rosso 2013-2015 da 1,65 miliardi, e liberare risorse per «i nuovi bisogni in campo farmaceutico».
È un documento di sole cinque cartelline (si veda Sanità24), ma potenzialmente esplosivo per il mercato italiano del pharma, quello licenziato ieri dai governatori dopo un lungo confronto tecnico interno. Approderà al tavolo col Governo, nel quale è destinato a trovare pochi sponsor ministeriali, anche se sarà interessante conoscere il parere dell’Economia che tiene i cordoni della borsa e che però dovrà fare i conti con le intenzioni politiche di palazzo Chigi che sugli investimenti in Italia di Big Pharma, ma non solo, conta parecchio. Intanto la proposta delle regioni è pronta, e non mancherà di suscitare parecchie fibrillazioni. Con le immancabili mediazioni del caso. Tra le altre, l’ipotesi di concedere alle imprese uno sconto del 10-20% come transazione sui vecchi ripiani miliardari di cui le regioni hanno bisogno come l’ossigeno per i loro bilanci. Senza scordare che qualsiasi modifica di sistema avrà bisogno del paracadute di una legge, con tutti i dubbi sui tempi per incassarla.
Tagliare i prezzi dei farmaci, questa la manovra regionale. Con la procedura prezzo/volume, i listini verrebbero ridotti o scontati in modo progressivo in rapporto all’aumento dei pazienti trattati, al crescere delle indicazioni, delle terapie combinate e della loro durata. Con il prezzo legato all’esito della terapia (pay by result) verrebbe dato un altro scossone ai prezzi. Mentre per arginare i costi per i pazienti per il pagamento della differenza di prezzo tra generici e originator, che in sei anni è costato ben 5 miliardi, si propone di mettere un limite a questo differenziale, altrimenti il farmaco di marca sarebbe escluso dalla rimborsabilità: si calcola che per 150 farmaci esiste un differenziale di prezzo superiore al 100% e per 30 specialità oltre il 200%.
Di più. Nella proposta c’è la rivisitazione dei «registri Aifa» per i farmaci ad alto costo e di forte impatto sanitario. E sulla valutazione dell’innovatività dei prodotti, viene proposto il modello tedesco per stabilire criteri sicuri e verificati. C’è poi la richiesta di creare più concorrenza, attivando tra l’altro nella determinazione dei prezzi procedure selettive a evidenza pubblica e la possibilità per le regioni su tutte le categorie di prodotti di svolgere gare in «equivalenza terapeutica»: a premiare dovrebbe essere il criterio del minor costo a «parità di dosaggio, forma farmaceutica e unità posologiche per confezione». Infine, un altro capitolo scottante: la sostituibilità automatica dei farmaci biosimilari con gli «originator»: anche in questo caso l’effetto atteso dalle regioni sarebbe quello di ottenere risparmi immediati dal momento della scadenza dei brevetti di quei farmaci.
Roberto Turno – Il Sole 24 Ore – 6 maggio 2016