Prosegue il processo per i progetti di ristrutturazione della clinica di Rovereto. In aula hanno riferito anche i consulenti del pubblico ministero. De Mattè ha negato di aver favorito la Solatrix Turchini ha riferito sugli oneri e sull’ampliamento Puntin: «I 10mila euro? Un segno di riconoscenza»
La Solatrix, la clinica di Rovereto al centro dell’inchiesta sulle mazzette che ha coinvolto anche Puntin Progetti di ampliamento della clinica Solatrix di Rovereto, reperimento di terreni, approvazioni di varianti al Prg e in deroga a quanto disposto circa l’edificabilità in zone soggette a vincoli idrogeologici e oneri di urbanizzazione.
Questo e poi quelle due dazioni di denaro, 10mila per volta, che il ragionier Giuseppe Puntin consegnò a Fabio Demattè, all’epoca assessore ai servizi sociali e alla Sanità del Comune di Rovereto. Denari che rappresentarono, questo è emerso ieri, una regalità, perchè Demattè stava attraversando un brutto periodo.
Per ore, prima i consulenti del pm e poi tre imputati, hanno parlato davanti al collegio presieduto da Dario Bertezzolo e al pm Paolo Sachar nel processo originato dall’inchiesta sulle «mazzette» che, stando all’assunto dell’accusa, sarebbero state elargite dall’amministratore della Solatrix sia al politico di Rovereto sia all’ex dirigente della Sanità veneta Franco Toniolo. Ieri si è chiusa la parentesi trentina, dei 50mila euro «dati a To» (che in seguito emerse essere Toniolo, appunto) per «indirizzare» la programmazione sanitaria per i posti letto da spostare a Zevio si parlerà in novembre.
I primi a deporre sono stati i due esperti incaricati dalla procura di Trento di analizzare tutta la documentazione a sostegno degli ampliamenti e della realizzazione delle celle mortuarie ma soprattutto chiamati a chiarire la tempistica. Già perchè quel che stride furono i tempi brevissimi con cui fu approvata la variante in deroga al Prg che comprendeva la realizzazione delle camere mortuarie.
«Il blitz» di cui Demattè parlò al telefono con Turchini, il sospetto che si trasformò, per tutti seppur con ruoli diversi, nell’accusa di una gestione poco limpida di affari legati alla Sanità privata.
FABIO DEMATTE’. La sua è stata la deposizione più lunga, la più sofferta perchè per oltre un’ora ha ricostruito il periodo tra il 2004 e il 2005, la sua situazione lavorativa, quella familiare e l’impegno politico. Ha negato con forza di aver favorito la Solatrix e Puntin, ha spiegato che il suo senso di colpa riguardava solamente l’aspetto morale «perchè accettai quei soldi in nero senza avere un incarico specifico di mediazione. Fui io a dire al pm Storari dei primi 10mila euro che rappresentavano il compenso per l’interessamento per un terreno a monte della Solatrix. Era dell’Istituto per il sostentamento del Clero, io seguii la pratica e alla fine il terreno venne comprato dalla Solatrix». L’acquisto si perfezionò nel 2003 e un anno dopo, ha obiettato il pm, ricevette il denaro.
«Fra me e Puntin non c’è mai stata contropartita in denaro. Gli avevo prospettato le difficoltà lavorative perchè avrei dovuto trasferirmi a Perugia, gli chiesi se c’era una possibilità di trovare una sistemazione. Io che avevo una speranza di costruire un rapporto con il presidente Puntin perchè cercavo un lavoro mi sono ritrovato a terra». Due le varianti da approvare: quella del Mida Barelli che chiedeva un ampliamento della scuola per ospitare le infermiere e della Solatrix per la realizzazione delle celle mortuarie all’esterno. «Era tutto regolare e vennero inserite nell’ordine del giorno del consiglio in scadenza».
Ha spiegato perchè mentì alla Finanza circa i 4000 euro che provenivano dalla busta ricevuta da Puntin il 17 ottobre 2005 «dissi che era un prestito, ero agitato, voi non potete immaginare. Poi ne parlai con quella che consideravo una madre, le spiegai tutto e per questo lei disse “ho detto quello che mi hai detto tu”. Le frasi vanno contestualizzate».
GIANFRANCO TURCHINI. Non era mai stato sentito il direttore generale della Solatrix, Gianfranco Turchini, braccio destro di Puntin. «Conosco bene Demattè, abbiamo fondato insieme il gruppo politico e sapevo dei suoi problemi con il lavoro. Il trasferimento gli avrebbe impedito di occuparsi di politica e sarebbe stato un peccato. Parlai con Puntin di questo, chiedendo se poteva trovargli una sistemazione. Solo per questo parlai con lui di Demattè».
Riguardo alle due telefonate, quella del blitz e quella degli oneri di urbanizzazione: «il blitz era un modo di dire, riguardo agli oneri io ero convinto di non dover pagare perchè riguardava un’opera di interesse pubblico».
Poi le celle mortuarie: «Erano insufficienti e le spostammo perchè non era dignitoso che i funerali partissero dalla clinica soprattutto in vista dell’ampliamento della Rsa. Riguardo all’ampliamento faticammo perchè parte del cda era contrario ad effettuare un investimento così oneroso. Puntin non era entusiasta ad esempio».
GIUSEPPE PUNTIN. Prima di rispondere alla domanda del pm circa quei 20mila euro dati a Demattè ha illustrato la situazione della Solatrix, nella quale la Salus (riferibile alla Pederzoli) entrò acquistando la quota dei religiosi. «Mi venne prospettata la possibilità di supplire ad una situazione drammatica creando posti letto per una Rsa. Saremmo andati a regime dopo 17 anni e seppur imprenditori in campo sanitario dobbiamo anche tenere presente che abbiamo un utilità sociale».
Fu in quest’occasione che conobbe Fabio Demattè: «un politico ambizioso che voleva dimostrare di saper fare» e poi si convinse che Solatrix doveva ampliarsi: «bisognava realizzare i parcheggi e serviva un terreno così andammo a trattare con i proprietari del fondo confinante». Poi Turchini gli chiese di dare una mano a Demattè perchè era in un momento di difficoltà lavorativa. «Era interessato a lui per affetto e comunanza politica, dissi che gli avrei dato un po’ di denaro in segno di riconoscenza per la mediazione (i primi 10mila euro), l’anno dopo era in difficoltà e mi venne proposta la possibilità di aiutarlo ma entrare nel Cda non era possibile, non abbiamo mai voluto politici, gli dissi che quello che potevo fare era dargli una mano (e gli consegnò i secondi 10mila euro)». Ha spiegato dei biglietti: «lo dissi perchè non ero mai stato oggetto di attenzioni da parte della magistratura, mai stato perquisito ma avevo veramente acquistato un’auto per mia figlia da un importatore a Trento», dei contanti: «ho anche un’attività immobiliare e mi servono quando si va a trattare l’acquisto di un bene».
larena.it – 25 maggio 2011