Medici e professionisti della sanità in fermento mentre le trattative sui rinnovi contrattuali, dopo nove anni di stallo, si fanno sempre più febbrili, surriscaldati anche dal clima pre-elettorale. In fase più avanzata, la convenzione dei medici di famiglia e il personale del comparto, che comunque conferma lo sciopero del 23 febbraio proclamato in contemporanea con i medici dipendenti. Linea dura mantenuta anche dai camici bianchi ospedalieri, alla vigilia del primo tavolo del 20 febbraio prossimo all’Aran sul rinnovo contrattuale della dirigenza. L’intersindacale della dirigenza medica e sanitaria ha infatti chiarito che la convocazione non basta e che lo sciopero sarà revocato solo in presenza di segnali concreti su retribuzioni e condizioni di lavoro e di un calendario stretto. A rompere il fronte compatto dei medici, Cgil e Uil, che ieri hanno ritirato la loro adesione, alla luce della «certezza delle risorse e della trattativa avviata».
Al di là delle divisioni, le questioni sul tavolo sono ampiamente condivise. Sul fronte delle retribuzioni l’aumento salariale atteso è quello previsto per tutta la Pa (3,48%). Le risorse, che le Regioni dovrebbero reperire dagli accantonamenti obbligatori, ci sono. Anche se la coperta del Fondo sanitario nazionale (Fsn) resta corta e le Regioni avrebbero voluto soldi in più per coprire adeguatamente rinnovi contrattuali e prestazioni essenziali. Ma l’obiettivo è stringere i tempi e il presidente del Comitato di settore Regioni-Sanità, Massimo Garavaglia, conferma la volontà di definire le tabelle sui conti negli Atti di indirizzo, già ritoccate per il comparto nei giorni scorsi. «Lunedì invieremo l’atto integrativo anche per convenzione e dirigenza, così si sbloccano anche quei fronti».
Quindi sui denari si dovrebbe procedere rapidamente. Ma il vero scoglio, per la dirigenza, è la parte normativa. Con diversi nodi scottanti: il disagio legato ai turni notturni e alla reperibilità, l’esigibilità reale del contratto, i carichi di lavoro e le assunzioni, ormai indispensabili vista l’allarmante carenza di specialisti in corsia, con l’età media più alta del mondo dopo Israele. Problema che attanaglia anche le cure sul territorio. E per entrambe le categorie, medici ospedalieri dipendenti e dottori di base in convenzione, l’obiettivo è di arrivare a una pre-intesa prima delle elezioni per blindare gli obiettivi principali.
Partita ai fischi finali per infermieri&Co. O quasi, perché i lavoratori non sono soddisfatti della proposta di Governo e Regioni. Di fatto, ci sarebbe l’aumento di 85 euro, ma il nulla assoluto su tutto il resto. Buio sulle deroghe alle regole Ue sui turni di lavoro, niente sulle nuove competenze e bottino magro sulla ridefinizione delle indennità. Oggi all’operatore sanitario che svolge un turno di lavoro notturno dalle 22 alle 6 del mattino spetta un’indennità di poco più di 2 euro l’ora e la cifra nel nuovo atto d’indirizzo non è migliorata. Per questo i lavoratori del comparto della Sanità hanno confermato lo sciopero per la giornata del 23 febbraio.
Rosanna Magnano e Lucilla Vazza – Il Sole 24 Ore – 17 febbraio 2018