«L’assemblea veneta è dominata dal partito della conservazione integrale che blocca ogni cambiamento. Sulla sanità, in particolare, vige l’accordo trasversale tra Pdl, Pd e Udc, alleati per non tagliare nulla. Ospedali decotti, Usl inutili, direttori e primari superflui: guai a chi li tocca. In tempi di vacche grasse, questa politica consociativa sarebbe inaccettabile ma oggi, a fronte dei tagli di bilancio e della simultanea crescita fisiologica dei costi, diventa scellerata». Così Diego Bottacin (Verso Nord-Italia Futura) spegne sul nascere le speranze riformatrici legate all’approvazione del Piano socio-sanitario, prevista domani in consiglio. Un pessimismo alimentato dalle tensioni della vigilia. Con l’assessore Luca Coletto che presenta tre emendamenti di giunta puntualmente bocciati dall’aula e dall’alleato Pdl in primis.
Con la rappresaglia leghista che in extremis (e senza fortuna) rispolvera la scure sulle aziende sanitarie. Con le lobby montana, lagunare e polesana leste a blindare i rispettivi territori garantendo l’attuale, oneroso, status quo ospedaliero. Con l’influente presidente della commissione sanità, il pidiellino Leonardo Padrin, abile a orchestrare le maggioranze “variabili”. «Il centrodestra è spaccato e in preda al populismo, l’opposizione si accontenta di qualche briciola di sottogoverno e abbozza», è la sintesi caustica di Bottacin.
Ma è davvero così? «Il mio giudizio sul Piano è positivo perché riflette le linee guida della giunta», commenta Coletto «purtroppo l’assemblea ha rigettato in malo modo gli emendamenti che ho presentato, sebbene non agissi a titolo personale ma alla luce del parere espresso dai nostri giuristi». In ballo c’è l’ultima parola su questioni chiave (schede ospedaliere, nomina dei direttori generali, valutazione dei primari): il Piano – che ha valore di legge – condiziona tali scelte al parere «obbligatorio e vincolante» di consiglio e commissione; la giunta ne rivendica invece la titolarità in nome delle prerogative dell’esecutivo, né sembra rassegnata allo smacco. Probabile un ricorso di legittimità.
Torniamo a Coletto, reduce da un’assemblea a Verona dedicata all’ospedale di Isola della Scala, chiuso e destinato alla riconversione. Nell’occasione, il presidente della Provincia Giovanni Miozzi (Pdl) l’ha omaggiato di un documento, firmato da 25 sindaci della zona, che lo “diffida” dal procedere a ulteriori chiusure nella Bassa veronese. Viceversa, quello di Isola sarà soltanto il primo della lista se le schede messe a punto dal segretario generale Domenico Mantoan (improntate a una profonda ristrutturazione della rete ospedaliera) sopravviveranno ai veti incrociati…
«A Piano approvato, io chiederò che la discussione delle schede sia preceduta dalla ridefinizione delle aziende sanitarie, per numero e ambiti di utenza», fa sapere l’assessore fedele a Flavio Tosi. In proposito, il testo prevede che le Usl dispongano di un bacino oscillante tra i 200 e i 300 mila abitanti. Alcune – Belluno, Feltre, Adria per cominciare – sono lontane dal requisito…
«L’ha detto lei, io ribadisco che occorre ridefinire il circuito delle unità sanitarie che non potrà restare invariato. Altrimenti è inutile parlare di riforme». Tant’è. Sullo sfondo, ma neanche tanto, il dissidio tra Coletto e Mantoan (costellato da qualche spruzzo di veleno) sta creando non pochi grattacapi al governatore Luca Zaia. Che si sforza di stemperare gli animi – «Mercoledì il Piano sarà approvato, il nostro interesse è quello di portarlo avanti insieme a tutto il consiglio e così sarà» – ma appare contrariato dall’affossamento degli emendamenti e deluso dall’operato dell’assessore nella gestione della vicenda.
Curiosamente, nella partita sanitaria, si sono capovolti i ruoli tra partner di maggioranza. I pidiellini, da tempo frammentati in clan e correnti, hanno ritrovato una sostanziale unità sull’asse «redditizia» Padrin-Bond. I leghisti, dismessa la linea monolitica della segreteria Gobbo, alimentano una Babele di linguaggi dove si stenta a cogliere una voce autorevole.
Il Mattino di Padova – 19 giugno 2012