di Guglielmo Pepe. da Repubblica. Dunque, secondo l’ex commissario alla spending review, Carlo Cottarelli, si possono risparmiare tra i tre e i cinque miliardi di euro, senza stravolgere il Sistema sanitario. Bene, bravo, bis. Ma se è così perché finora è stato fatto poco o nulla? Sappiamo fino dai lontani tempi della lira che nella Sanità italiana si spreca molto.
Più di recente è stato stimato che siamo intorno ai 18 miliardi di euro (comprese le inefficienze) ai quali andrebbero aggiunti altri sei miliardi (almeno) conteggiati sotto la voce “corruzione”.
Non bisogna essere dei geni per affermare che se venisse recuperata anche solo la metà di questi soldi, la situazione sanitaria sarebbe nettamente migliore. Però, con evidenza, è mancata la volontà politica necessaria ad eliminare, o a ridurre, le inefficienze e gli sprechi. Perché c’è chi ha lucrato e lucra sul bisogno di salute, perché la sanità è una grandissima torta e non sono pochi quelli che ne vorrebbero una sola fettina: lo status quo arricchisce, alimenta il consenso, crea e consolida situazioni di potere.
Eppure invece di agire in questo ampio spazio, si preferisce un’altra strada, più diretta, immediata: tagliare. Come ha fatto il governo, riducendo di 2,35 miliardi di euro la spesa. D’altronde è più semplice prendere un pennarello e cancellare le prestazioni che si ritengono superflue; e anche minacciare di punire i medici che sgarreranno o costringere i malati a pagare di tasca propria – se possono – le prestazioni eliminate.
La ministra Lorenzin dice che non si tratta di tagli. Tuttavia è l’unica, insieme a qualche esponente di seconda fila del Pd, a sostenere questa posizione. Tutto il resto del mondo (della sanità) afferma l’esatto contrario. In primo luogo i medici che annunciano fuoco e fiamme, insieme alle associazioni dei cittadini pronte a mobilitarsi: l’autunno del nostro scontento è alle porte.
Adesso in questo bailamme si inserisce Cottarelli, attuale direttore esecutivo del FMI, il quale dal palco del convegno di Cl, a Rimini, dice che “ci sono risparmi da fare soprattutto perché l’efficienza è molto diversa tra le varie regioni e anche all’interno di ciascuna di esse. Una cifra possibile di risparmi senza stravolgere il sistema è tra i tre e i cinque miliardi di ulteriori risparmi rispetto a quanto è stato fatto. Ci sono margini importanti. L’importante è procedere con un intervento mirato”.
Bene, bravo, bis. Tuttavia nutro dubbi sulla reale volontà di risparmiare, senza intaccare la qualità del servizio. Da anni, ad esempio, parliamo di costi standard però non si riesce a rendere uniformi le uscite, sia a livello nazionale che locale. Più in generale sappiamo che in Italia non si spende troppo per la salute. Semmai è vero il contrario. Semmai si spende male. E poi sono ancora convinto che la salute sia al primo posto: un valore assoluto di fronte al quale i bilanci vengono dopo. Si deve spendere quanto serve per curare l’intera popolazione, immigrati compresi. Invece vedo farsi largo l’idea che “non si può dare tutto a tutti”. D’accordo: offrire servizi gratis a chi ha di più è un errore, ma a quelli che non hanno i mezzi per curarsi – la maggioranza degli italiani – si deve dare tutto.
25 agosto 2015