Un grido d’allarme lanciato dai sindacati di medicina pubblica e dalle associazioni dei cittadini nel corso della conferenza stampa che si è tenuta a Padova martedì 15 giugno. Un grido a cui fanno eco le manifestazioni che si sono tenute nelle aziende ospedaliere e nelle Usl in tutta la regione Veneto. Una pluralità di persone con le loro esperienze e competenze che continuano a lavorare con forte impegno nella prevenzione, nella cura e nell’assistenza che vivono sulla loro pelle le criticità del Sistema sanitario pubblico, ma che non hanno perso la forza ed il vigore per formulare proposte concrete per porre rimedio a tutta una serie di errori di programmazione e di gestione sia a livello nazionale che regionale che si sono succeduti nel tempo e che hanno portato la Sanità pubblica sull’orlo del collasso.
A nulla è valso il tentativo messo in atto dalla Sanità regionale di deviare l’attenzione dei media su un incontro organizzato all’ultimo momento per parlare di criticità, prospettive ed opportunità del Sistema sanitario regionale del Veneto, sempre a Padova.
Se non ci sarà a breve un deciso cambio di rotta da parte dei decisori politici sui livelli di finanziamento del Sistema sanitario nazionale e l’abbandono delle cattive pratiche di gestione legate a scelte basate sulle esigenze della politica a scapito della domanda di salute dei cittadini, dovremo arrenderci ed accettare la fine di un sistema non più in grado di fornire prestazioni mediche di prevenzione, assistenza e cura così come stabilite dalla Costituzione Italiana.
In Veneto manca il personale infermieristico, manca il personale tecnico, mancano medici specialistici, mancano medici di medicina generale, mancano medici veterinari, e non solo da oggi. È lecito chiedersi come mai i sistemi di calcolo dei fabbisogni del personale che la Regione ha e tutte le Aziende sanitarie pure, non sono stati in grado di intercettare per tempo la problematica fornendo soluzioni adeguate da subito in modo progressivo ed ordinato.
Non era difficile capire che decenni di politiche di mancato turnover del personale e di depotenziamento dei sistemi formativo-informativi avrebbero portato allo stremo.
Si sono tenuti innumerevoli incontri di vertice, meeting, convegni per parlare di bisogni basilari, coordinamento della sanità ospedaliera col territorio, diritto a ricevere prestazioni appropriate ai bisogni di prevenzione e cura in tempi brevi, diminuzione dello stress lavoro correlato per il personale sanitario, prevenzione degli infortuni negli ambienti di lavoro, sicurezza alimentare. È lecito pensare che sulle esigenze dei pazienti, dei cittadini, dei consumatori, degli operatori e sulla necessità di mantenere il principio di legalità nella gestione del bene pubblico hanno prevalso interessi particolari a beneficio di pochi?
Non è più sostenibile una spesa farmaceutica fuori controllo, un sistema che si trova a gestire tutto in emergenza e non applica scelte adeguate di prevenzione, che dilapida risorse economiche a scapito dei fabbisogni di personale e di infrastrutture di base necessarie e mantenere il Sistema sanitario pubblico in efficienza, un sistema costellato di continui interventi della magistratura per concorsi truccati, violazione delle norma anticorruzione, che non difende i suoi dipendenti da violenze ed aggressioni.
Di questo si è parlato a gran voce il 15 giugno nella speranza che coloro che sono gli artefici di questo fallimento riconoscano gli errori, pongano immediato rimedio accettando la collaborazione e le proposte del mondo sindacale.
Alla conferenza stampa del 15 giugno presso l’Ordine dei Medici chirurghi e odontoiatri di Padova per la Federazione veterinari e medici era presente il presidente dottor Paolo Camerotto che ha segnalato il sottofinanziamento delle attività collegate ai Servizi dei Dipartimenti di Prevenzione; l’Italia spende per la prevenzione tanto quanto i Paesi che non hanno un Servizio sanitario pubblico. Questa miope politica di risparmio determina dei rischi inaccettabili per la popolazione con eventi di malattie gravi e mortali che pesano fortemente sul bilancio economico nazionale. “Nella nostra regione è stata praticata una politica molto forte sulla riduzione del personale medico e tecnico veterinario. Il fabbisogno del personale è stato calcolato con criteri molto diversi da quelli applicati in altre regioni italiane, col risultato che una regione con un’alta produzione di alimenti di origine animale, si trova un organico ridotto di più del 30% rispetto a regioni con pari o minore capacità produttiva. Gli effetti di queste scelte si riflettono sulla qualità delle prestazioni e soprattutto sugli interventi di miglioramento che il servizio veterinario veneto può mettere a disposizione degli operatori del settore”.
Sempre per FVM Veneto è intervenuto il vicepresidente dottor Alberto Pozzi sottolineando l’inserimento nelle leggi di riforma del Sistema sanitario nazionale di norme che determinano “minori risorse per la Sanità pubblica a favore della Sanità privata”, in antitesi con il principio delle sinergie d’integrazione pubblico-privato. Ciò determina sempre più una sanità duale che favorisce le persone più abbienti e confina i poveri in un contesto di ghettizzazione pubblica. “Le politiche verticistiche di governance hanno escluso nel tempo i tecnici dall’organizzazione dell’assistenza e nel contempo hanno politicizzato sempre più le nomine dirigenziali. I contesti lavorativi della Sanità pubblica sono diventati sempre più invivibili, cresce la disaffezione, la gente scappa e i giovani si disinteressano ai concorsi per attività sanitarie che considerano a forte rischio professionale. Da qui l’opportunità che la politica abbandoni il campo della gestione sanitaria e si occupi soltanto di ‘buona programmazione’ lasciando ai tecnici il compito di rinnovare e rafforzare il patto tra personale della sanità e i cittadini per una progettualità condivisa”.
A cura della presidenza regionale FVM
Nelle immagini sopra alcuni momenti della conferenza stampa e la delegazione Fvm Veneto. Sotto, una foto di gruppo finale dei relatori
17 giugno 2023