Camici bianchi. Mancano i medici per far decollare la sanità territoriale. Il governo potrebbe spingere i medici di famiglia ad attività extra, con incentivi economici ma senza obblighi
Quello che davvero rischia di far saltare tutto è il rischio che le nuove strutture immaginate per non intasare più i pronto soccorso e dove gli italiani dovranno trovare attrezzature diagnostiche (dalle ecg agli holter) prime cure e prevenzione (come i vaccini) rischiano di restare vuote: non solo vanno trovati i fondi per portarci le attrezzature, ma va cercato soprattutto il personale – infermieri e medici – che ci deve lavorare dentro e che è sempre più merce rara da trovare.
Ma soprattutto va sciolto il nodo più intricato di tutti che si trascina da luglio dell’anno scorso quando l’ex premier Draghi nel suo ultimo discorso alla Camera chiedeva più tempo per il suo Esecutivo anche per portare a casa una riforma cruciale per far decollare la nuova Sanità territoriale: quella dei medici di famiglia che oggi sono sempre di meno – nel 2025 saranno solo 36mila, 10mila in meno rispetto a 20 anni fa – e in gran parte troppo isolati nei loro studi rispetto al resto del Servizio sanitario. Ora esattamente un anno dopo l’attuale ministro della Salute Orazio Schillaci potrebbe riportare in pista parte di quella riforma che era pronta ma è rimasta nei cassetti e su cui Bruxelles ha chiesto spiegazioni: vincolare cioè i medici di famiglia a dedicare 18 ore a settimana (oltre alle 20 ore per i propri studi) alle attività extra da spendere proprio nelle nuove Case di comunità o nel distretto magari per fare cure domiciliari nelle nuove Uca (le Unità di continuità assistenziale).
Il nuovo Governo non dovrebbe prevedere però nessun obbligo come si era pensato in passato, quanto un incentivo economico – attraverso il nuovo Acn (l’accordo collettivo nazionale) della medicina generale – per quei medici che decideranno di dedicare del tempo alle attività fuori allo studio, a cominciare proprio dalle nuove Case di comunità. I medici di famiglia che invece non vorranno scegliere questa opzione – presumibilmente i più “anziani” – potranno restare con la convenzione continuando a seguire i propri pazienti nei loro studi come hanno fatto finora rinunciando però agli incentivi.
Non è tutto. C’è un’altra misura che potrebbe segnare una altra svolta per questi camici bianchi: anche per il pressing delle Regioni che lo hanno ribadito al ministro Schillaci praticamente all’unanimità, potrebbe arrivare la possibilità per i medici di famiglia di essere assunti come dipendenti (oggi sono liberi professionisti che hanno una convenzione con il Ssn). La misura riguarderà però solo i nuovi, i giovani generalisti che potrebbero essere impiegati appunto nelle Case di comunità come dipendenti veri e propri lavorando tutte e 38 le ore nelle nuove strutture: si parla di circa 2-3mila nuovi camici bianchi necessari anche per garantire l’apertura h24. Al momento la maggioranza delle sigle sindacali dei medici di famiglia si dicono nettamente contrarie a questa possibilità, ma la partita sarà affrontata dal ministro in un incontro previsto già entro fine mese.
Ma con quali fondi saranno assunti? Qui c’è l’ultimo grande nodo: anche il ministro Schillaci in più occasioni ha sottolineato come sia necessario trovare i fondi per attrezzature e personale da assoldare per le nuove strutture. In realtà nella manovra del 2022 il precedente Governo ha vincolato dei fondi – 91 milioni per il primo anno e poi a crescere fino a 1 miliardo l’anno dal 2026 – per le assunzioni nelle case e negli ospedali di comunità oltre che nelle Cot. Risorse da attingere però dal Fondo sanitario nazionale – la torta complessiva che sostiene il Ssn – che sarebbero sufficienti ad assumere circa 33mila operatori (20mila infermieri, circa 3mila medici e altro personale sanitario e amministrativo), ma a cui le Regioni non vogliono rinunciare visto le enormi difficoltà che hanno a chiudere i bilanci per la sanità.
Proprio su questa partita il ministro Schillaci si confronterà nei prossimi giorni con il collega dell’Economia Giancarlo Giorgetti: trovare nuovi fondi per il Ssn è cruciale, in particolare per medici e infermieri travolti dallo tsunami della pandemia, anche per portare in porto la nuova Sanità territoriale che altrimenti rischia di essere solo una enorme scatola vuota.
Il Sole 24 Ore