Addio Salva-Roma, benvenuto Salva-Roma: il governo ritira il decreto che contiene le norme per evitare il dissesto della Capitale appena prima della scadenza, non volendo porre la fiducia per spazzare via le centinaia di emendamenti.
E annuncia un nuovo provvedimento, nel consiglio dei Ministri di domani, «solo con norme indispensabili»: Roma, l’Expo di Milano, i 90 milioni per la Sardegna colpita dal maltempo e le norme sugli «affitti d’oro». I provvedimenti potrebbero essere più d’uno per non incorrere nel divieto di reiterazione.
La giornata è densa di polemiche. Si inizia con il sindaco Ignazio Marino che si dice pronto a dimettersi in caso di decadenza del decreto: «Non metto la faccia su un disastro annunciato». I conti della città danno i brividi: 816 milioni di buco ereditato, 485 contenuti nel decreto ritirato, (tra 2013 e 2014). Troppa incertezza: «Roma non si governa in dodicesimi» protesta il sindaco. E per tutto il giorno si moltiplicano le ironie — «Ignazio stai sereno…» scrive su Twitter Giorgia Meloni, Fdi — e le stoccate, visto che le opposizioni in Campidoglio chiedono le dimissioni di Marino. Il M5S attacca il Pd — «il decreto è stato due mesi fermo in Senato…» — e la Lega, con il segretario Matteo Salvini, esulta: «Vittoria. Il governo ritira il decreto e gli italiani risparmiano»; per il Pd, con Monica Cirinnà e Umberto Marroni, «il M5S è contro Roma».
A metà giornata arriva l’annuncio del ministro dei Rapporti con il Parlamento, Maria Elena Boschi: il decreto viene ritirato per l’«ostruzionismo» di Lega («Nerone sarebbe un ottimo commissario», per Marco Marcolin) e M5S (per Roberta Lombardi «il Pd dopo aver sciolto nell’acido Letta farà lo stesso con Marino»). Linda Lanzillotta (Sc), avverte: «Una terza edizione delle stesse norme sarebbe improponibile». Il sindaco s’infuria, torna a minacciare dimissioni: «Ho ereditato un buco di 816 milioni. Se il governo interviene bene, se l’idea è che Roma debba chiudere, che le municipalizzate debbano fallire, non sono disponibile». Un vertice a palazzo Chigi, poi al Tesoro, con l’ex sottosegretario Giovanni Legnini e l’attuale Graziano Delrio: tra le ipotesi, un decreto legge che sposti in avanti i tempi per il Bilancio della capitale e un disegno di legge su cui porre la fiducia. Ma i tempi si allungherebbero: Marino vorrebbe un decreto. E forse anche una spiegazione dal Pd: perché il Salva-Roma s’è arenato per due mesi?
Alessandro Capponi – Corriere della Sera – 27 febbraio 2014