Paolo Berizzi da Repubblica. Se ci fossero ancora le contrade sarebbe Verdi contro Gialli. I verdi con Zaia. I gialli con Tosi. Invece è un rubamazzo con tendenze tafazziane, modello vecchio Pd. Una partita per mediani di spinta dal sapore piccante come la mostarda di Vicenza. E dove ora può accadere di tutto: beffa finale compresa.
Due ex Quasi Amici che più diversi non si può. La platea fino a ieri apparteneva a entrambi, adesso, dopo la balcanizzazione della Lega che qui si chiama Liga, e va così dai tempi del fondatore Rocchetta espulso da Bossi il quale all’acqua della salute ha sempre preferito la Coca Cola, Luca Zaia e Flavio Tosi la platea se la contendono. A colpi di spot elettorali, veleni, alleanze ancora da chiudere, proclami. «La verità purtroppo non possiamo dirla, ma è questa: arrivati dove siamo arrivati, qui potremmo farci male» ragiona chiedendo l’anonimato un dirigente leghista. Uno rimasto fedele all’ortodossia: e cioè Zaia. Che sta succedendo in Veneto? E, soprattutto, che giorno sarà il D-day del 31 maggio? Diciamolo subito: in realtà il match sarebbe tra Zaia, il governatore in carica, superfavorito nei pronostici, e Alessandra Moretti. Ma al netto delle rinnovate speranze della candidata del centrosinistra — «prima aveva zero possibilità, stando così le cose potrebbe persino farcela» è il vaticinio di Massimo Cacciari — non si parla che di quei due. Il Presidente e il Sindaco (di Verona). Il campione in carica e lo sfidante. Zaia scende a Roma di mercoledì. Tosi il giovedì. Non vanno per turismo e ultimamente hanno agende capitoline molto fitte. Perché se nelle terre del leone di San Marco c’è l’elettorato da conquistare, la semina del territorio, è a Roma che si tirano i fili delle alleanze, i patti da chiudere in vista del derby. Smentiscono entrambi. Confermano entrambi. «E’ stato solo un caffè per capire com’è la situazione in Veneto, nessun patto », s’affretta a dire Tosi dopo la paparazzata dell’incontro romano con la senatrice e tesoriera forzista Maria Rosaria Rossi. «A Roma? Ci vado solo per impegni istituzionali», è il ritornello di Zaia. Il raccolto si vedrà a giorni, forse. Per ora si registrano solo dichiarazioni insipide e interlocutorie. Tipo «con Forza Italia se sono rose fioriranno ma già i boccioli si iniziano a vedere» (Zaia). E l’altro: «Scontata l’alleanza tra Lega e Forza Italia, noi ragioniamo sull’aggregare liste civiche. Se ci saranno altre alleanze con soggetti di centro o centrodestra vanno ragionate in termini di simboli civici». Al di là del diplomatese, tra i feudi di Verona e Treviso sono giorni febbrili. Le macchine dei due rivali ex interni stanno portando su di giri i motori. Tosi, l’outsider, attacca. Come anche la Moretti. Lo schema offensivo prevede, come base, un tridente: tre liste. Che potrebbero diventare di più. E’ l’ormai celebre “modello Verona”, dove il borgomastro vinse alle comunali nel 2012 con l’appoggio di sette listoni civici, compreso il suo. E dunque: una lista del candidato presidente, una dei Fari (i comitati della sua Fondazione) e una Lista Tosi con amministratori. Che di fatto è nata ieri con un nuovo gruppo Lista Tosi in Provincia (cinque consiglieri). Roba che gli ultimi sondaggi pesano tra 8 e 10 %. Di fronte a tanto fermento Zaia tira dritto. Non replica agli attacchi per non fare il gioco degli avversari: sfrutta ogni spazio possibile per elencare i successi di cinque anni di governo. «La mia sarà una campagna pop, low cost, senza americanate», ha annunciato il Doge nella scatola di legno e acciaio della Silicon Valley veneta di Roncade, padrone di casa Mr Diesel (l’endorsement di Renzo Rosso è molto più di un sospetto). C’era tutto lo stato maggiore lighista a ascoltare il governatore: slogan “Scelgo Zaia”. Lui ha citato le Memorie di Adriano e il Contratto sociale di Rousseau. Poi ha fatto una cosa molto più pop: un abbraccio e un elogio al «sindaco dei sindaci» Giancarlo Gentilini. Lo “sceriffo” già condannato per incitamento all’odio razziale. «Nello stesso giorno in cui Enrico Montesano a “Fantastico” ospitava un immigrato in prima fila, lui (Gentilini) tagliava le panchine a Treviso». Siamo in campagna elettorale, signori. Tutto deve venire a galla: o quasi. Gli osservatori stanno cercando di capire, per esempio, se e fino a quando la svolta moderata di Tosi riuscirà a tenere lontani i camerati della destra radicale che con e grazie al sindaco di Verona sono entrati nelle istituzioni. «Tosi è uno stronzo ha portato i fascisti nella Lega», lo bollò Bossi qualche anno prima di tentare un ultimo, disperato tentativo di mediazione tra il sindaco scissionista e il «dittatore della Lega» Salvini.
Adesso c’è solo il giallo. Giallo Tosi. E il giallo spacca. Gli effetti si vedono anche nelle piccole amministrazioni del Veronese. A Valeggio sul Mincio la giunta è divisa: sindaco e segretario di sezione si sono dimessi dal Carroccio per schierarsi con Flavio. Gli altri, per ora, tengono duro. Un aggettivo da sempre di moda tra i leghisti. «Preferisco non rispondere, dico solo che per me sono stati 5 anni di duro lavoro per i veneti». Replica di Zaia alla Moretti in pressing («il presidente e Salvini dovrebbero chiedere scusa ai veneti con una felpa»).
Fissatevi una data. Domani. Fiera di Verona. Vinitaly. Sarà il primo incontro pubblico tra Zaia e Tosi. «Io ci vado ogni anno», ha chiosato sibillino il governatore alludendo a una scarsa partecipazione da parte del suo sfidante. In alto i calici, fuori i coltelli. E’ partita proprio dall’auditorium della Fiera la corsa del sindaco eretico dopo l’espulsione. Sala gremita da 500 ultrà. Il neo moderato Tosi commosso: «Siamo uomini liberi, ci candidiamo a governatore del Veneto». Ci candidiamo: plurale maiestatis. In prima fila la fidanzata senatrice portavoce in brodo di giuggiole Patrizia Bisinella («Flavio è uno vero», da sovrapporre al Salvini epuratore «Caino travestito da Abele»), i fedelissimi Fabio Venturi (coordinatore della Fondazione “Ricostruiamo il Paese”) e Matteo Bragantini, e un plotoncino di parlamentari e consiglieri che dovrebbero seguirlo e uscire dalla Liga. I tosiani. O i “Fari”, come li chiamano per sfotterli i fan di Zaia. Verdi contro gialli. In nome e per conto di due leader che si sono sempre annusati a fatica. Diversi in tutto. Anche nel modo di vestire: casual non sempre chic Tosi, in abito-divisa sartoriale Zaia, la pochette bianca o verde come accessorio. Mai un filo di barba, capelli imbrillantati. L’altro sempre sapientemente stropicciato, l’aria un po’ così casuale, compreso ormai nella parte dell’epurato. Un concetto che dà forza a chi deve risalire la corrente del pronostico a sfavore. Dicono i sostenitori del Presidente: «Tosi ha recitato. Aveva comprato spazi pubblicitari già 3 mesi fa, era tutto pianificato». Avanti contrade, lo scontro è solo all’inizio.
Repubblica – 21 marzo 2015