L’obiezione di coscienza può costare il posto di lavoro, anche in un Veneto bianco, dove oltre l’80% dei ginecologi si rifiuta di praticare l’aborto (percentuale record in Italia). All’ospedale di Rovigo succede l’esatto contrario: due biologhe, dopo anni di lavoro passati a far nascere bambini al Centro di procreazione medicalmente assistita (Pma), dal primo maggio hanno improvvisamente deciso di opporre obiezione a questa modalità di dare, e non di sopprimere, la vita.
Una scelta, quella di Maria Teresa Furin e Flora Formenton, giunta dopo il via libera alla fecondazione eterologa (con gameti o ovuli ricavati da donatori) concessa il 9 aprile scorso dalla Cassazione. La decisione causerà il licenziamento della Formenton, in servizio al Centro di Pma dal 2003 e dal 2010 dirigente biologo per aver vinto un concorso specifico indetto dall’Usl 18, e il cambio di ruolo per la Furin. Quest’ultima era genericamente indicata come biologa per il laboratorio d’analisi, al quale è tornata dopo aver contribuito all’attivazione, nel 1998, del reparto in questione.
«Abbiamo lasciato il tempo a entrambe di rivedere le loro posizioni, il direttore sanitario ci ha parlato, ma visto che nessuna delle due ha espresso la volontà di ritornare sulla decisione presa, sono costretto a iniziare la procedura di mobilità o licenziamento, ora vedremo i termini legali, della Formenton — annuncia Arturo Orsini, direttore genarale dell’Usl 18 —. Umanamente sono molto dispiaciuto, ma il concorso alla quale la dipendente ha preso parte nel 2010 era molto chiaro: è stato indetto per la copertura a tempo indeterminato di un posto di dirigente biologo per la disciplina di Patologia clinica da assegnare al Servizio di procreazione medicalmente assistita. E’ stata assunta per fare quel tipo di lavoro, se non lo vuole più svolgere liberi il posto a una sostituta. Mi ha chiesto di spostarla ad altro incarico ma io non posso, per di più con i soldi pubblici, tenere lei e assumere un’altra biologa, spendendo il doppio. Devo rendere conto delle uscite dell’azienda e della loro funzione». Diversa è la posizione della Furini: «Non è stata assunta specificatamente per la fecondazione assistita, perciò torna in laboratorio e vedremo cosa farle fare, se cambiarle orari e stipendio o meno. Del resto la mia prima mission è di tutelare le pazienti, che non posso mica rimandare a casa dopo cicli di ormoni perchè manca la biologa indispensabile a portare avanti il trattamento. Sono stato comprensivo, ho aspettato, rispetto l’etica e la moralità di tutti, ma fatico a capire un’obiezione di coscienza a una pratica, l’eterologa, che nemmeno facciamo (tra l’altro non ci sono ancora i decreti applicativi del ministero della Salute che l’autorizzano, ndr). E che danneggia le pazienti».
Intanto l’Usl ha assunto una biologa che retribuisce a prestazione e un’altra con contratto di 50 ore settimanali. Probabilmente ne resterà una, a sostituzione della Formenton. Il Centro di fecondazione assistita ha 150 coppie in cura e altre 320 in attesa, con liste piene fino all’ottobre 2015 e una percentuale di riuscita del 26%.
Michela Nicolussi Moro – Corriere del Veneto – 11 luglio 2014