di Mario Sensini, dal Corriere della Sera. I camion carichi di pecore scendono da Castelluccio di Norcia, sul versante marchigiano dell’Appennino, già da un paio di giorni. L’evacuazione del bestiame è iniziata subito dopo il terremoto. Ad Amatrice, Accumoli e nell’ascolano, per lo più, trasportano mucche. Ma il problema è lo stesso: molte stalle sono lesionate e, per gli animali, non c’è riparo. Alcuni, a malincuore, li vendono. Altri, se possono, li spostano da amici e conoscenti. Molti altri resistono. Organizzano le ronde notturne nelle aziende agricole per sventare i furti, come ad Arquata, e continuano a mungere gli animali anche se il latte va a male, perché i frigo sono senza elettricità e da ieri, con le strade per lo più interrotte, non c’è più nessuno che lo ritira. L’allevamento è una delle poche fonti di reddito nell’area colpita dal terremoto, e i rischi di un tracollo del settore «sono molto seri» dice il direttore della Coldiretti del Lazio, Aldo Mattia.
Solo nella zona di Amatrice, quella più colpita dal sisma, ci sono più di 600 aziende zootecniche, quasi tutte piccole ditte individuali, con una media di 50 capi a testa. Solo due di queste sono state distrutte dal sisma di mercoledì mattina. Tutte le altre stanno trattenendo il respiro. «Fino a due giorni fa le cose andavano abbastanza bene, ma le scosse continuano, le strade vengono chiuse e cominciamo ad avere enormi problemi» spiega Carlo Baccarelli del Gruppo Grifo, la cooperativa perugina che raccoglie il latte anche da molti allevatori del reatino.
La Coldiretti sta organizzando la distribuzione di foraggio e mangimi per gli allevatori locali, che non possono approvvigionarsi, ma anche la vigilanza per evitare i furti. Come sta facendo ad Arquata del Tronto Salvatore Paci, un giovane allevatore di 33 anni che ha salvato la sua azienda, la mattina va a raccogliere il latte dagli altri e la sera organizza con i giovani del paese le ronde di sorveglianza. Presto la Coldiretti comincerà a portare su anche gruppi elettrogeni, pali e fili di recinzione, e i carrelli mobili per la mungitura. «Ne serviranno — dice Mattia — perché man mano che procedono le verifiche, temiamo che le stalle vengano dichiarate inagibili e chiuse».
«È uno dei problemi più seri» conferma Enzo Bottos, direttore della Coldiretti delle Marche. «Nel Maceratese sono già cinque o sei le stalle chiuse senza avere grossi danni» dice Bottos. «Senza fare polemica, quando chiediamo le verifiche — aggiunge — quasi sempre viene dichiarata l’inagibilità». D’estate il bestiame è al pascolo, ma l’inverno da queste parti arriva presto. «Non c’è ancora una stima dei danni, ma temo che l’impatto del sisma sull’agricoltura della zona sarà molto serio» dice Bottos.
Le coltivazioni destano meno preoccupazione. Si coltivano solo pochi cereali, sia nella piana di Norcia, che ad Amatrice. «A Castelluccio abbiamo la lenticchia più buona del mondo, e il raccolto di quest’anno è fatto» dice Luigi Brandimarte, uno dei soli otto residenti stabili del paesino nel cuore dei Monti Sibillini. La lenticchia è salva, ma i produttori locali la vedono nera. Quasi tutti vendono direttamente, ma molti spacci sono lesionati. Secondo Confesercenti sarebbero almeno 550 gli esercizi danneggiati nella zona sismica, tra negozi, alberghi e ristoranti. Ci sarebbero 1.500 posti di lavoro a rischio e danni già stimati in 11 milioni di euro.
Moltissime aziende di agriturismo hanno subito danni e quasi tutte le poche industrie della zona sono ferme dal giorno del terremoto. A Castel Sant’Angelo sul Nera i camion di pecore che scendono da Castelluccio incontrano una lunga fila di tir in attesa da giorni di caricare l’acqua dallo stabilimento della Nerea. La produzione è ferma, e intanto nel parcheggio è sorto un campo per accogliere gli sfollati.
Mario Sensini – Il Corriere della Sera – 27 agosto 2016